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lunedì 21 novembre 2005

Rassegna stampa del 21.11.2005

ma noi siamo raccomandati, o no?
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fonte Gazzetta del Mezzogiorno

venerdì 18 novembre 2005

Quei 3 minuti senza volto

LA DENUNCIA
SEGNALARE, AD ESEMPIO, GUASTI O ADDEBITI IN BOLLETTA PER SERVIZI MAI RICHIESTI ASSICURA UN’ODISSEA KAFKIANA

Su 'la stampa', p.34 del 29/10/2005 è comparso questo articolo:
La Telecom senza volto e il 187 senza risposte
D’accordo, la Sip è roba vecchia quanto il mondo. Viviamo nell’era dell’economia impalpabile e le telecomunicazioni sono per definizione il più evanescente dei beni. Ma una faccia il signor Telecom ce l’avrà oppure no? Lui che vende l’accesso alla mirabolante autostrada telefonica, possiede un numero che non sia quello virtuale di un call center? Perché invece, i disagi degli utenti sono tangibilissimi. Non solo di quelli Telecom, ovviamente. Ma trattandosi del gestore leader nel settore, risponde della maggioranza dei contratti e delle lamentele. Servizi di segreteria mai richiesti e addebitati in bolletta, apparecchi obsoleti sostituiti con modernissimi videotelefoni messi in conto a sorpresa, allacci tardivi. Contrattempi reali che diventano grottescamente surreali quando dall’altro capo del filo risponde una voce senza volto e senza capacità d’intervento che però s’impegna ad inoltrare la rimostranza al più presto. L’avventura dell’utente frustrato infatti, inizia poco dopo la scoperta del guasto o della bolletta approssimata, di solito, per eccesso. «Il 187 è un numero fatto di persone», recita la pubblicità sul sito internet della Telecom. Come no. Il sistema, in teoria, è elementare: «Per guasti alla linea fissa digiti 3, per consultare lo stato dei pagamenti digiti 4, per qualsiasi altra esigenza digiti 0». Fiducioso, l’utente segue le istruzioni. Certo, sarebbe stato meglio parlare con un umano, ma anche la tecnologia avrà dei vantaggi. L’operatore, che di solito si presenta con un codice, prende nota e avvia la pratica. Tutto qui? Cade la linea. Inutile ritentare: dieci volte su dieci risponderà una voce diversa, magari dalla lontana Trapani, costringendovi a rispiegare il vostro caso da capo. Off records, un impiegato del 187 di Torino rivela che ogni cliente ha diritto a 3 minuti d’ascolto e neppure un secondo di più. A tempo scaduto, avanti un altro. Inutile sperare d’ottenere così il numero di telefono di un responsabile: i lavoratori dei call center dicono quanto sanno, che, nella catena d’una azienda globalizzata, è a malapena il proprio compito e il nome del vicino di scrivania. Nella sezione contatti però, il sito www.187.it indica la direzione generale di Roma: 06 36881. L’utente, frustrato ma non ancora vinto, insiste. La procedura è lenta, le segretarie ti filtrano come se fossi uno studente della scuola sperimentale di cinematografia che vuole consegnare la sua sceneggiatura a Nanni Moretti, l’attesa snervante, ma alla fine qualcuno si fa avanti. Chi? Impossibile avanzare ipotesi. Nessuno vuol mettere il suo volto a fare da parafulmine alle lamentele dei clienti. A questo punto il problema tangibilissimo passa in cavalleria: da Roma non possono certo correggere una bolletta sbagliata, per quello, nemmeno a dirlo, c’è il 187. La conversazione almeno è l’occasione per capirci qualcosa di più. Perché per esempio è tanto difficile parlare con un signor Telecom in carne e ossa? «Perché sarebbe paradossale che un’azienda di telecomunicazioni aprisse sportelli sul territorio: gli interventi si effettuano tranquillamente a distanza». Eppure, gli utenti insoddisfatti sono parecchi... «La risposta è semplice: quando si gestiscono 21 milioni di clienti e 26 milioni di linee alcuni disagi sono fisiologici. Parliamo infatti di poche migliaia di persone, con le quali ci scusiamo, ma che rappresentano una percentuale minima su uno standard di soddisfazione superiore al 95 per cento». E gli altri? Stessero anche tutti sulle dita di una mano, non avrebbero diritto al servizio efficiente per cui pagano? «Certamente. La Telecom è perfettibile, ci stiamo lavorando. Ma il canale per segnalare guasti o anomalie resta il 187». Il 187 infatti, assorbe proteste come una spugna. Anche gli operatori, come gli utenti, hanno qualcosa da denunciare: lo stress li sfianca. Chiunque abbia un problema con il telefono fisso o con il cellulare chiama lì e scarica la sua rabbia contro la voce senza volto dall’altra parte. Una situazione tanto tipica da finire al cinema: uno dei momenti topici de «I giorni dell’abbandono», l’ultimo film di Roberto Faenza, è quando Margherita Buy, già a terra per la fuga del marito, scende alla cabina e cerca disperatamente di contattare un tecnico che le aggiusti il telefono rotto. Niente di più facile: «Abbiamo registrato il suo problema, interverremo il prima possibile». L’immedesimazione di spettatrici e spettatori è totale.

giovedì 17 novembre 2005

A mali estremi...gli estremi dei dealer

Quante volte invece ci/vi è stato detto che "quei particolari dati non si potevano fornire al cliente?" E i casi di diniego citando infondatamente una legge che tutela paradossalmente lo stesso utente, pare che aumentino...ho qualche ipotesi su quale società telefonica possa essere implicata...ma non facciamo nomi...per privacy appunto ;-)
Tlc: cellulari intestati ad insaputa degli interessati. Interviene il Garante
Severo monito agli operatori. Riconosciuto il diritto degli interessati danneggiati di conoscere come è avvenuto l’illecito anche presso il rivenditore
Ancora un caso, piuttosto grave, in cui una persona si è ritrovata intestataria di 127 schede telefoniche per apparecchi cellulari senza che l’interessato ne avesse fatto alcuna richiesta e ne fosse informato. La gravità è emersa anche dal fatto che una di queste schede è stata oggetto di delicate indagini penali per omicidio nelle quali l’interessato è stato quindi coinvolto. La società aveva persino negato all’interessato l’accesso ai dati che lo riguardano, e per giunta continuava a mandargli pubblicità per schede mai volontariamente attivate.
È stata quindi riconosciuta la grave violazione dei diritti dell’interessato, al quale è stato anche garantito di accedere -contrariamente all’indebito rifiuto dapprima opposto al medesimo interessato- ai dati che riguardavano il numero delle utenze, la data della loro attivazione e le fonte dei dati.
Questi principi, ribaditi dal nuovo Codice entrato in vigore lo scorso 1° gennaio, sono stati fatti rispettare grazie all’intervento dell’Autorità garante che ha accolto il ricorso di un utente contro un gestore telefonico.
Non è la prima volta che cittadini ignari si rivolgono al Garante scoprendo di essere intestatari di numerose carte telefoniche da loro mai attivate, a volte usate addirittura per compiere truffe o altri reati, con ovvie conseguenze per gli intestatari almeno nella prima fase delle indagini. É stato ritenuto, quindi, illegittimo il rifiuto delle società di consentire agli interessati, in favore dei quali si era magari soltanto bloccato l’uso delle carte, di accedere ai dati personali detenuti dalle società stesse e di venire a conoscenza come e dove le schede erano state intestate. In alcuni casi si è determinata anche una conseguenza paradossale: disattivando una sim card da lui mai attivata, l’intestatario è stato a torto non ammesso ad accedere ai suoi dati d’utenza e ad utilizzarli a sua discolpa.
Il diritto di accesso ai dati personali dell’interessato, tutela invece, almeno in parte, questo rischio: conoscere informazioni riguardo all’utenza e gli estremi del dealer che ha effettuato l’attivazione delle carte telefoniche in oggetto possono essere strumenti importanti per il malcapitato, utilizzabili in sede di difesa.
È quanto si era appunto verificato al ricorrente che, a seguito di una segnalazione, aveva scoperto di essere intestatario di 127 carte telefoniche. Alla richiesta di conoscere i propri dati di utenza ha subito un netto rifiuto da parte della società telefonica che aveva motivato il diniego citando infondatamente l’art.132 del Codice della privacy e sostenendo di non essere tenuta a fornire dati di traffico telefonico di sim card disattivate, dopo lo scadere dei sei mesi necessari alla fatturazione.
Ritenutosi leso nell’esercizio del proprio diritto d’accesso l’utente ha presentato ricorso al Garante, il quale ha rilevato che era infondata l’eccezione formulata dalla società riguardo ai termini temporali, perché la predetta disposizione del Codice si riferisce unicamente ai dati di traffico e non anche agli estremi identificativi delle utenze.
L’interessato ha diritto di conoscere l’esistenza di dati personali che lo riguardano, la loro comunicazione in forma intelligibile, l’indicazione della loro origine e dell’uso che ne viene fatto. In tal modo, sia che vi sia un dealer solo, sia che ve ne siano molti, risulta più agevole ricostruire le modalità in cui la truffa telefonica viene gestita.
Alla società di telefonia sono state addebitate le spese del procedimento, che dovranno essere liquidate direttamente a favore del ricorrente. Inoltre il Garante ha disposto ulteriori accertamenti in ordine al più generale comportamento della società e dei dealer rispetto all’illecita intestazione di carte telefoniche.

dalla NEWSLETTER DEL GARANTE DELLA PRIVACYN. 219 del 28 giugno – 4 luglio 2004