giovedì 7 giugno 2007

Saranno famosi

CAPITALISMO
Il termine capitalismo o economia di mercato si riferisce in genere a:

1. una combinazione di pratiche economiche, che venne istituzionalizzata in Europa, tra il XVII e il XIX secolo, che coinvolge in particolar modo il diritto da parte di individui e gruppi di individui che agiscono come "persone giuridiche" (o società) di comprare e vendere beni capitali (compresi la terra e il lavoro) in un libero mercato (libero dal controllo statale).

2. un insieme di teorie intese a giustificare la proprietà privata del
capitale, a spiegare il funzionamento di tali mercati, e a dirigere
l'applicazione o l'eliminazione della regolamentazione governativa di proprietà e mercati.

3. Regime economico e di produzione che nelle società avanzate viene a svilupparsi in periodi di crescita, riconducibile a pratiche di monopolio, di speculazione e di potenza.

L'azienda storicamente contabilizza la propria FORZA-LAVORO alla voce del passivo (= costo).
Ciò che la FORZA-LAVORO produce viene invece contabilizzato all'attivo (= guadagno).
Un costo, quindi, genera un guadagno.
Se lo stesso costo, però, viene abbattuto, ne risentirà anche il guadagno.
Se il costo, invece, è fungibile (può essere sostituito da un'altro costo, anche inferiore) la perdita è minima; quindi il guadagno ne risentirà in modo pressochè impercettibile.

Cosa rende l'uomo schiavo del denaro?
Il bisogno.
Cosa fa l'uomo per liberarsi dal bisogno?
Si procura denaro.
Come si procura denaro?
Lavorando.
Arbeit macht frei

da "Super Quark"

Prendiamo le mosse dai basilari principi di economia -correndo il rischio di sembrare "marxisti"- per osservare che dalla nascita delle prime teorie economiche ad oggi quasi nulla è cambiato.
Sembra quasi che l'etica sia un diretto derivato della filosofia platonica, e come idea (quindi di scarso rilievo nella vita quotidiana) sia destinato solo a poche persone.
L'impresa - il modo di fare impresa e di condurla - risente di diverse influenze.
La prima di esse è data da un meccanismo primordiale:
non c'è impresa in cui non si faccia di tutto per permetterne la sopravvivenza nel mercato.
La seconda è data dal principio del sinallagma:
stigmatizzato dal motto latino "do ut des", tale principio non è altro che il nesso causale tra prestazioni diverse: io lavoro, tu mi paghi (e viceversa).
Avrete notato che entrambe i concetti possono essere letti diversamente, a seconda che a interpretarli sia il datore di lavoro, oppure il lavoratore.
La lotta di classe è nata proprio dall'antitesi delle due possibili letture.
Volendo trovare un punto d'incontro, si dovrebbe parlare di etica, appunto.
Si dovrebbe, pertanto, parlare di Statuto dei Lavoratori, di CCNL, di Costituzione della Repubblica Italiana (articoli 2, 18 e 36). Invece si parla di un'azienda che, per "regalare" un contratto ai propri finti-collaboratori, sostiene un costo superiore del 7% rispetto alla concorrenza...

1 commento:

Watchdog ha detto...

Su 'cosa rende l'uomo schiavo del denaro' dipende se visto dal basso è appunto 'il bisogno' come riportato; se visto dall'alto, cioè dall'ottica di chi solitamente è in posizioni di comando, si tratta di 'avidità' (salvo rare eccezioni di grandi personaggi).
In quanto al 7% di spese è un semplice numero vagante (o vacante) in quanto se non si specificano i percorsi di calcolo si può dire anche il 14%. Inoltre questa trasparenza è prevista anche dalla legge. Ma si sa, le aziende 'meglio gestite' non attendono che sia la legge ad imporre ciò che è bene, che cementa il senso partecipativo, la anticipano!