
Una strategia che sempre più persone stanno comprendendo quanto si dimostri pubblicitaria e utile a distogliere lo sguardo per non dover rispondere delle proprie responsabilità.
Una vita a tempo determinato "Tirare avanti senza sogni"
Esistenze da precario e interinale
di MONICA PEROSINO
di MONICA PEROSINO
TORINO - Molti di loro, ormai, non si lamentano neanche più. Accettano, sperano, lottano. Lottano, non più contro il sistema o il «padrone», ma l’uno contro l’altro. Per la sopravvivenza. È la generazione dei lavoratori di call center, il gradino più basso del precariato. La brutta faccia della flessibilità. Vanno avanti con contratti a progetto, di somministrazione, di consulenza, a tempo determinato, dove il tempo sono anche 4 ore soltanto. A Torino e in provincia, nel primo trimestre del 2007, si sono firmati 81.055 contratti di lavoro. Peccato che di questi ben più della metà siano a tempo determinato o di somministrazione. Contratti che, se sei fortunato, ti danno da lavorare per tre mesi, nei casi peggiori solo per una manciata di ore. Poi a casa, ad aspettare la «chiamata». Quello che si chiamava «lavoro interinale» per la legge Treu 196 del 1997, poi abrogata, si trasformò in «contratto di somministrazione» con la legge Biagi 276 del 2003. Proprio lui, il contratto di somministrazione, quello che esiste dal 16 marzo del 1942, da quando c’è il codice civile attuale. Quello che si stipula tra utente e, ad esempio, l’azienda del gas, dell’energia elettrica, dell’acqua: una volta si somministravano solo cose, ora anche persone. Insomma, con il contratto di somministrazione l’agenzia interinale «somministra» lavoratori alle ditte. Facile aggirare la legge, che prevede la possibilità di rinnovare il contratto a tempo determinato solo una volta: «Il meccanismo è semplice - spiega Malvina Franceschelli, 25 anni, studentessa e lavoratrice precaria in un call center - anche se è difficile capire cosa ti sta succedendo se non hai conoscenze in diritto del lavoro». Malvina ha iniziato con un tempo determinato di tre mesi, poi con un rinnovo di altri tre mesi, poi una proroga di 15 giorni. Le avevano promesso il tempo indeterminato e, invece, alla scadenza del secondo contratto gliene hanno fatto firmare un altro di tre mesi: questa volta, però, non era più dipendente dal call center, ma da una agenzia interinale, o meglio, da un’«agenzia di somministrazione di lavoro». «Ora, dopo due anni, faccio sempre lo stesso lavoro, nello stesso posto, ma sempre a tempo determinato. Buffo, no? E con questo contratto di due mesi, il quinto, sono passata alla terza agenzia interinale». La cosa che pesa di più ai lavoratori precari è, naturalmente, l’incertezza per il futuro, ma non solo: «Ci trattano come operai alla catena di montaggio - dice Francesca M., 34 anni, addetta al call center di un importante operatore telefonico - ma magari mi assumessero in fabbrica. Ho paura quando mi devono rinnovare il contratto, ho paura di arrivare in ritardo, di sbagliare qualcosa, di non sorridere al mio responsabile nella maniera giusta. Non posso più neanche sognare una vita normale. È pesante, ed è tutto legale» (...).
fonte la stampa, 29.6.2007
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