Vodafone, osare di
più
Le compagnie telefoniche strette tra la tendenziale - ma
inarrestabile - diminuzione delle tariffe e l'esigenza degli azionisti di veder
crescere le prospettive di profitto. Anche perché, chiamate a parte, gli altri servizi non
decollano
di Franco
Carlini
Il bilancio annuale
che Vodafone ha appena presentato è un'ottima occasione per chiedersi che ne
sarà della telefonia mobile, il grande miracolo economico degli ultimi dieci
anni. Sia le cifre di Vodafone Italia (la migliore società nazionale del grande
gruppo), che le dichiarazioni del suo amministratore delegato Pietro Guindani
confermano che per tutti gli operatori di telefonia cellulare i tempi belli sono
finiti. Intanto non è più possibile alcuna crescita vorticosa dei clienti,
almeno in un paese come il nostro dove le schede Sim sono ormai 75 milioni, ben
più degli abitanti, e poi i margini di guadagno continuano, inevitabilmente, a
ridursi. Per gli operatori telefonici questo significa che possono puntare solo
sull'aumento del traffico e che perciò devono offrire nuovi servizi. Ma qui
sorge un problema: se si esamina il fatturato di Vodafone (e quelli degli altri
sono analoghi), si scopre che più dell'84 per cento proviene dalle telefonate
vocali, il 13,5 circa dalla messaggistica e solo il 2,5 dai nuovi servizi
multimediali. Questi ultimi stanno lentamente salendo, ma la vera
«killer application » dei cellulari, il valore per cui la gran parte delle
persone li compra e li usa, è la possibilità di parlarsi uno a uno,
seguita a ruota dalla possibilità di scriversi via Sms, altra interessante
possibilità di dialogo. Insomma, dalla sua invenzione a oggi, il valore del
telefono, fisso o mobile che sia, resta fondamentalmente quello di mettere in
contatto le persone. Succede tuttavia che, per effetto positivo della
concorrenza e delle regolazioni statali, il prezzo delle chiamate scende; per
esempio la modifica delle norme sulle telefonate da fisso a mobile ha
significato per Vodafone Italia una diminuzione di 200 milioni di fatturato
nell'ultimo anno. In ogni caso la tendenza è certa: il costo delle chiamate va
verso il basso. Quelle su linea fissa tendono a zero, quelle mobili potranno
restare un po' più alte, ma perdono valore anch'esse, e buon per noi
telefonatori. Lo stesso per il costo degli Sms: c'è poco da fare, i
ricchi margini degli anni scorsi nessuno li potrà più raccogliere. Ma
come allora accontentare gli azionisti? Quelli internazionali di Vodafone
sembrano particolarmente esigenti e nei mesi scorsi hanno fatto vacillare il
grande capo Arun Sarin. Ma a ben vedere le strade sono le solite due: ridurre i
costi (ed ecco 400 licenziamenti nel quartier generale inglese e a cascata
risparmi varii, disseminati nelle Vodafone nazionali) e offrire di più ai
clienti. E' facile immaginare che le Vodafone, le Orange, le Tim, sarebbero già
contente di poter mantenere gli attuali livelli di crescita. Già adesso per
esempio il fatturato voce continua a salire, pur se i prezzi scendono; significa
che stiamo telefonando di più, ma anche qui c'è un tetto inevitabile, quello del
nostro tempo libero, dove quasi ogni interstizio è già occupato. Voce e Sms a
parte, che cosa offrire di nuovo? Sull'onda dei mondiali di calcio e della
proposta dei tv-fonini di 3, tutti gli operatori si sentono obbligati a proporre
la televisione mobile, magari controvoglia, così come cinque anni fa, con
l'unica eccezione di Renato Soru di Tiscali, tutti si sentirono in dovere di
pagare miliardi per le licenze Umts: e mai investimento ebbe una resa così bassa
e un ritorno così aleatorio. Sulla tv mobile Pietro Guindani segnala una sana
cautela: Vodafone qualcosa investirà, qualche contenuto lo va comprando dai
network televisivi,ma giusto il minimo. Aspettare e vedere,come ha teorizzato
anche Wind. Questo del resto è un tipico caso di transizione tra i media, dove
il riflesso condizionato di tutti è di proporre sui nuovi supporti quello che
veniva offerto dai media precedenti. Ma se la televisione mobile ha un futuro
questo passerà solo attraverso l'invenzione di nuovi linguaggi e formati e
probabilmente non basta nemmeno, come alcuni stanno facendo, proporre sul
cellulare i cosiddetti mobisode, ovvero piccoli episodi di soap opera, di breve
durata. Ben altro servirà, che valorizzi le interazioni e l'essere mobili. Che
cosa allora? Gli operatori telefonici ci vanno cauti, ma probabilmente
sanno benissimo che il futuro vero, appetibile per noi utenti, è una piena e
soddisfacente connessione alla rete Internet, con la meravigliosa quantità di
contenuti e di possibilità che ormai offre. Già oggi si può fare, e
anche bene, con la tecnologia più rapida chiamata Hsdpa che è una specie di Umts
veloce (la propone già Vodafone e Tim sta arrivando). Ma ci sono due problemi,
anche questi tipicamente di transizione. Il primo è quello dei costi: 30 euro al
mese per connettersi 60 ore dal telefonino alla rete sono troppi per il mercato
di massa. Gli operatori resisteranno finché potranno, ma anche in questo caso
sanno che dovranno abbassare le tariffe, dato che il modello su cui
atterrare è uno solo: tariffa piatta (e non a tempo), a un costo
sostenibile, pari a quello delle connessioni su rete fissa. Prima o poi
parleremo di 10-15 euro al mese per tempi illimitati. I telefonici delle rete
fissa, italiani e stranieri, si vanno attrezzando per offrire loro tutto,
cellulare, internet, tv e voce con una rete integrata e con un apparecchio
unico. Tale è la strategia annunciata dall'amministratore delegato di Telecom
Italia, Renato Ruggiero. Così si attrezza a fare France Telecom, con il suo
marchio Orange. Di fronte a questa convergenza telefonica quelli che sono
soltanto cellulari come Vodafone come reagiscono? Per ora lo dicono en passant,
ma lo dicono: si preparano ad essere anche fissi, ovvero a fornire anche loro
fin dentro casa dei collegamenti a banda larga Dsl. In Italia questo vuol dire
comprare traffico all'ingrosso da Telecom Italia e offrirlo ai propri abbonati,
come fanno Tele2 o Tiscali. In Germania, lo farà attraversouna controllata di
rete fissa, la Arcor. Il secondo problema è quello dei contenuti: una piena
Internet sul cellulare significa che l'operatore telefonico viene ridotto a
essere solo un carrier, ovvero un trasportatore dei suoi abbonati verso siti e
luoghi dove altri, chenonsono da lui controllabili, offrono informazioni e/o
servizi, gratuiti o a pagamento. Questo futuro viene guardatocon orrore dai
telefonici,cometestimonia la frase ormai leggendaria di Edward Whitacre jr.,
presidente dell'americana At&t. Alla rivista Business Week che gli chiedeva
se fosse preoccupato dei dilaganti servizi web così rispondeva: «Come pensate
che arrivino ai loro clienti? Attraverso una rete a larga banda ... vorrebbero
usare i miei cavi gratuitamente, ma io non glielo permetterò perché abbiamo
speso dei capitali e dobbiamo averne il ritorno...se Google, Yahoo! o qualcun
altro si aspetta di usare liberamente queste reti è matto». Eppure questo è il
futuro ragionevole: le autostrade dei bit (le telecom) facciano il loro mestiere
di autostrade, mentre i luoghi di destinazione, che siano città d'arte o parchi
giochi, faranno i loro affari con le loro offerte ai turisti. Fino a prova
contraria le autostrade (e anche le Autostrade per l'Italia) ci guadagnano,
senza pretendere di essere loro a vendere il biglietto per i musei di Venezia o
di Gardaland. Le strade dei bit devono portare dappertutto, anziché l'una su
Alice, l'altra su Vodafone Live, l'altra chissà dove. Dovrebbero capire che è
nel loro interesse, e a ognuno il suo mestiere. Quello qui espresso è un punto
di vista impopolare per gli azionisti Tlc,ma è la direzione in cui vanno le
reti: tante, senza e con i fili, con apparati i più diversi, ognuno dei quali si
collega al network più conveniente e più interessante in quel momento, per
andare ovunque, dai talk show all'Enciclopedia Britannica. La domanda
allora diventa questa: quali operatori sapranno rinunciare oggi ad alcuni
orticelli recintati e osare la rete aperta? Il rischio è alto, e il tempo della
scelta decisivo: guai a farlo troppo presto o troppo tardi. E guai a infilarsi
in strade vecchie, come quella della vecchia televisione sul nuovo
telefonino
Fonte il Manifesto
chip&salsa 8/6/06
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