giovedì 15 giugno 2006

Tendenze

Vodafone, osare di più
 
Le compagnie telefoniche strette tra la tendenziale - ma inarrestabile - diminuzione delle tariffe e l'esigenza degli azionisti di veder crescere le prospettive di profitto. Anche perché, chiamate a parte, gli altri servizi non decollano
di Franco Carlini
 
Il bilancio annuale che Vodafone ha appena presentato è un'ottima occasione per chiedersi che ne sarà della telefonia mobile, il grande miracolo economico degli ultimi dieci anni. Sia le cifre di Vodafone Italia (la migliore società nazionale del grande gruppo), che le dichiarazioni del suo amministratore delegato Pietro Guindani confermano che per tutti gli operatori di telefonia cellulare i tempi belli sono finiti. Intanto non è più possibile alcuna crescita vorticosa dei clienti, almeno in un paese come il nostro dove le schede Sim sono ormai 75 milioni, ben più degli abitanti, e poi i margini di guadagno continuano, inevitabilmente, a ridursi. Per gli operatori telefonici questo significa che possono puntare solo sull'aumento del traffico e che perciò devono offrire nuovi servizi. Ma qui sorge un problema: se si esamina il fatturato di Vodafone (e quelli degli altri sono analoghi), si scopre che più dell'84 per cento proviene dalle telefonate vocali, il 13,5 circa dalla messaggistica e solo il 2,5 dai nuovi servizi multimediali. Questi ultimi stanno lentamente salendo, ma la vera «killer application » dei cellulari, il valore per cui la gran parte delle persone li compra e li usa, è la possibilità di parlarsi uno a uno, seguita a ruota dalla possibilità di scriversi via Sms, altra interessante possibilità di dialogo. Insomma, dalla sua invenzione a oggi, il valore del telefono, fisso o mobile che sia, resta fondamentalmente quello di mettere in contatto le persone. Succede tuttavia che, per effetto positivo della concorrenza e delle regolazioni statali, il prezzo delle chiamate scende; per esempio la modifica delle norme sulle telefonate da fisso a mobile ha significato per Vodafone Italia una diminuzione di 200 milioni di fatturato nell'ultimo anno. In ogni caso la tendenza è certa: il costo delle chiamate va verso il basso. Quelle su linea fissa tendono a zero, quelle mobili potranno restare un po' più alte, ma perdono valore anch'esse, e buon per noi telefonatori. Lo stesso per il costo degli Sms: c'è poco da fare, i ricchi margini degli anni scorsi nessuno li potrà più raccogliere. Ma come allora accontentare gli azionisti? Quelli internazionali di Vodafone sembrano particolarmente esigenti e nei mesi scorsi hanno fatto vacillare il grande capo Arun Sarin. Ma a ben vedere le strade sono le solite due: ridurre i costi (ed ecco 400 licenziamenti nel quartier generale inglese e a cascata risparmi varii, disseminati nelle Vodafone nazionali) e offrire di più ai clienti. E' facile immaginare che le Vodafone, le Orange, le Tim, sarebbero già contente di poter mantenere gli attuali livelli di crescita. Già adesso per esempio il fatturato voce continua a salire, pur se i prezzi scendono; significa che stiamo telefonando di più, ma anche qui c'è un tetto inevitabile, quello del nostro tempo libero, dove quasi ogni interstizio è già occupato. Voce e Sms a parte, che cosa offrire di nuovo? Sull'onda dei mondiali di calcio e della proposta dei tv-fonini di 3, tutti gli operatori si sentono obbligati a proporre la televisione mobile, magari controvoglia, così come cinque anni fa, con l'unica eccezione di Renato Soru di Tiscali, tutti si sentirono in dovere di pagare miliardi per le licenze Umts: e mai investimento ebbe una resa così bassa e un ritorno così aleatorio. Sulla tv mobile Pietro Guindani segnala una sana cautela: Vodafone qualcosa investirà, qualche contenuto lo va comprando dai network televisivi,ma giusto il minimo. Aspettare e vedere,come ha teorizzato anche Wind. Questo del resto è un tipico caso di transizione tra i media, dove il riflesso condizionato di tutti è di proporre sui nuovi supporti quello che veniva offerto dai media precedenti. Ma se la televisione mobile ha un futuro questo passerà solo attraverso l'invenzione di nuovi linguaggi e formati e probabilmente non basta nemmeno, come alcuni stanno facendo, proporre sul cellulare i cosiddetti mobisode, ovvero piccoli episodi di soap opera, di breve durata. Ben altro servirà, che valorizzi le interazioni e l'essere mobili. Che cosa allora? Gli operatori telefonici ci vanno cauti, ma probabilmente sanno benissimo che il futuro vero, appetibile per noi utenti, è una piena e soddisfacente connessione alla rete Internet, con la meravigliosa quantità di contenuti e di possibilità che ormai offre. Già oggi si può fare, e anche bene, con la tecnologia più rapida chiamata Hsdpa che è una specie di Umts veloce (la propone già Vodafone e Tim sta arrivando). Ma ci sono due problemi, anche questi tipicamente di transizione. Il primo è quello dei costi: 30 euro al mese per connettersi 60 ore dal telefonino alla rete sono troppi per il mercato di massa. Gli operatori resisteranno finché potranno, ma anche in questo caso sanno che dovranno abbassare le tariffe, dato che il modello su cui atterrare è uno solo: tariffa piatta (e non a tempo), a un costo sostenibile, pari a quello delle connessioni su rete fissa. Prima o poi parleremo di 10-15 euro al mese per tempi illimitati. I telefonici delle rete fissa, italiani e stranieri, si vanno attrezzando per offrire loro tutto, cellulare, internet, tv e voce con una rete integrata e con un apparecchio unico. Tale è la strategia annunciata dall'amministratore delegato di Telecom Italia, Renato Ruggiero. Così si attrezza a fare France Telecom, con il suo marchio Orange. Di fronte a questa convergenza telefonica quelli che sono soltanto cellulari come Vodafone come reagiscono? Per ora lo dicono en passant, ma lo dicono: si preparano ad essere anche fissi, ovvero a fornire anche loro fin dentro casa dei collegamenti a banda larga Dsl. In Italia questo vuol dire comprare traffico all'ingrosso da Telecom Italia e offrirlo ai propri abbonati, come fanno Tele2 o Tiscali. In Germania, lo farà attraversouna controllata di rete fissa, la Arcor. Il secondo problema è quello dei contenuti: una piena Internet sul cellulare significa che l'operatore telefonico viene ridotto a essere solo un carrier, ovvero un trasportatore dei suoi abbonati verso siti e luoghi dove altri, chenonsono da lui controllabili, offrono informazioni e/o servizi, gratuiti o a pagamento. Questo futuro viene guardatocon orrore dai telefonici,cometestimonia la frase ormai leggendaria di Edward Whitacre jr., presidente dell'americana At&t. Alla rivista Business Week che gli chiedeva se fosse preoccupato dei dilaganti servizi web così rispondeva: «Come pensate che arrivino ai loro clienti? Attraverso una rete a larga banda ... vorrebbero usare i miei cavi gratuitamente, ma io non glielo permetterò perché abbiamo speso dei capitali e dobbiamo averne il ritorno...se Google, Yahoo! o qualcun altro si aspetta di usare liberamente queste reti è matto». Eppure questo è il futuro ragionevole: le autostrade dei bit (le telecom) facciano il loro mestiere di autostrade, mentre i luoghi di destinazione, che siano città d'arte o parchi giochi, faranno i loro affari con le loro offerte ai turisti. Fino a prova contraria le autostrade (e anche le Autostrade per l'Italia) ci guadagnano, senza pretendere di essere loro a vendere il biglietto per i musei di Venezia o di Gardaland. Le strade dei bit devono portare dappertutto, anziché l'una su Alice, l'altra su Vodafone Live, l'altra chissà dove. Dovrebbero capire che è nel loro interesse, e a ognuno il suo mestiere. Quello qui espresso è un punto di vista impopolare per gli azionisti Tlc,ma è la direzione in cui vanno le reti: tante, senza e con i fili, con apparati i più diversi, ognuno dei quali si collega al network più conveniente e più interessante in quel momento, per andare ovunque, dai talk show all'Enciclopedia Britannica. La domanda allora diventa questa: quali operatori sapranno rinunciare oggi ad alcuni orticelli recintati e osare la rete aperta? Il rischio è alto, e il tempo della scelta decisivo: guai a farlo troppo presto o troppo tardi. E guai a infilarsi in strade vecchie, come quella della vecchia televisione sul nuovo telefonino
 
Fonte il Manifesto chip&salsa 8/6/06

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