L'ultima beffa del liberal Bersani
di Alberto Mingardi
Il presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, Antonio Catricalà, Pierluigi Bersani «se lo sposerebbe». Personalmente non è il mio tipo, ma credo vada dato a Cesare quel ch'è di Cesare e a Bersani quel che è di Bersani. Senza il blitz del suo "decreto" dello scorso luglio, purtroppo rimasto lettera morta in alcuni, cruciali snodi, questo Paese non si sarebbe preso nemmeno l'unica mitragliata di liberalizzazioni degli ultimi anni, liberalizzazioni omeopatiche, parziali, strabiche, insufficienti? Sì, ma liberalizzazioni. Ora Bersani parte lancia in resta contro il "costo di ricarica" dei telefonini, sposando una petizione che on line ha raccolto le firme di oltre 800mila utilizzatori. Furiosi perché, tabelle alla mano, il costo di ricarica (che soprattutto per i "tagli bassi", per dire: dieci euro, è rilevante, arriva al 20%) è un'anomalia italiana. Non è presente in Francia, Germania, Spagna e Regno Unito. Paesi nei quali però non accade, come invece da noi, che 91 telefonini su 100 funzionino con tessere prepagate. Fruttando nel 2005 un miliardo e 714 milioni agli operatori. Solo di ricarica.
Di qui la sdegnata la reazione di Bersani: se un ragazzo compra 10 euro di credito, dice, 10 gli vanno accreditati, e nulla di meno.
Il ministro è dunque per l'eliminazione di questo "costo fisso", alla luce sostanzialmente di due fatti: primo, la maggiore incidenza di tale spesa, rispetto alle ricariche "piccole". Secondo, il sospetto che vi sia un accordo "di cartello" fra operatori.
Le analisi dimostrano che la percentuale del costo sul totale è del 20%, su una ricarica da dieci euro, ma può scendere fino ad appena il 2% - è il caso di alcune ricariche da 250 euro. I prezzi imposti dai vari operatori, questo è vero, si assomigliano un po' tutti. Se fa quack, è una papera. E siccome quando i prezzi si assomigliano scatta il riflesso del "neo-liberista" (nel senso: liberista di recente conversione): «Dev'essere un cartello!», tutti i giornali scrivono: Bersani combatte il cartello dei telefonini.
E' vero? No che non è vero. Il fatto che nel mondo della telefonia mobile la concorrenza sia intensa è ben noto a chiunque possegga un cellulare. L'incessante moltiplicazione di offerte e piani tariffari, la rincorsa ad offrire servizi sempre più complessi ed innovativi, le schermaglie a colpi di spot televisivi testimoniano come questo sia un mercato autenticamente libero. Barriere alla concorrenza ne esistono ancora, nel mondo delle tlc (pensate al fato toccato all'offerta Vodafone Casa, quella reclamizzata da Totti e bloccata dal tribunale di Roma), ma riguardano altro che immaginifici "cartelli" di operatori mobili.
In un mercato libero, la prima libertà è la libertà dei prezzi. Se darà seguito all'intervento annunciato, ed abolirà d'imperio i costi di ricarica, Bersani non starà "liberalizzando" alcunché. Né starà "abolendo un balzello". Starà dicendo ad aziende private come devono modulare la propria offerta. Sul piano pratico, l'effetto sarà probabilmente un aumento delle tariffe, nelle quali i costi di ricarica divelti dal ministro verranno riassorbiti. Il ragazzino comprerà 10 euro e saranno 10 euro di credito, ma parlerà tanto quanto con gli 8 euro di una volta. Il problema però è a livello dei princìpi. Di fatto lo Stato interverrebbe andando a condizionare le componenti di un prezzo, ora di mercato. È l'equivalente "soft" del sottoporre la telefonia mobile ad un regime di prezzi amministrati. Più che misura a difesa della competizione, sembra un piano quinquennale.
E per che cosa? Per aggiustarsi la coccarda di «difensore-dei-consumatori», perché il ministro possa sentirsi l'Antonio Lubrano dei ricchi?
Già oggi ci sono almeno due operatori che scelgono di applicare tariffe senza costi di ricarica, che sono Wind (sulle ricariche oltre i 60 euro) e Tre. Ma parliamo del punto sollevato da Bersani, cioè la diversa incidenza del costo di ricarica sul prezzo. Posto che i produttori, in un mercato, fanno il prezzo che vogliono, i consumatori dispongono di un'arma più potente di qualsiasi indagine antitrust: lasciare la merce sugli scaffali.
Se un utente ha un certo consumo mensile, e ricarica (mettiamo) tre volte il telefono con tesserine da 30 euro, pagando 15 euro di costi complessivi di ricarica, quando comprando una ricarica a 100 euro potrebbe spendere di "tagliando" solo 5 eurini, bisogna chiamare il Gabibbo? Nel caso abbia a cuore il risparmio, poteva informarsi meglio. Sbagliare capita. Nel caso invece abbia fatto così perché si è trovato a chiacchierare di più di quanto inizialmente stimasse, il prossimo mese si rifarà conti.
Del resto, il successo dei servizi prepagati sta proprio nella maggiore capacità di controllare la spesa. Se il ministro Bersani vuole deciderli lui, i prezzi, non sta alzando la bandiera della concorrenza. Vuol solo dire che è convinto che gli utenti siano tutti tanto stupidi da non sapere far di conto. Chi lo applaude tiri le sue conseguenze.
fonte Libero 11 gennaio 2007, pag. 1
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