
Dal grande giuslavorista, riflessioni che dovrebbero farci riflettere. Una vecchia idea ma sempre valida quella di poter cambiare i manager dal basso!
Ichino: anno zero del lavoro, ora nuove regole
«Il mercato si basa su un paradigma vetusto: quanto più il lavoratore è sostituibile tanto più è debole nella contrattazione»
«Il mercato si basa su un paradigma vetusto: quanto più il lavoratore è sostituibile tanto più è debole nella contrattazione»
MILANO — Scenari da un mondo rovesciato. «Il collettivo dei lavoratori di ogni impresa fa una scelta tutti i giorni: quella di non mandare a casa il proprio capo-azienda. E quindi, in caso di insoddisfazione, potrebbe anche cambiarlo e mettersi in cerca di un manager migliore». Quando Pietro Ichino inizia a parlare di come scardinare le «regole di Marshall-Hicks» e di employability e affronta tutti con la sua ricetta iperbolica nella sala Buozzi della Camera del Lavoro di Milano ci sono anche degli under 18 che prendono appunti. Si sono messi addirittura nelle prime file. E dietro di loro la città ha occupato a occhio e croce tutti i posti che erano disponibili. Sarà forse il senso di emergenza sociale per alcuni più giovani. Sarà la storica anima operaia di Milano, anche se le grandi fabbriche non ci sono più. Ma già sul tram numero 23 che dal Duomo porta al luogo del dibattito su «Lavoro e precariEtà» si incontra qualche pensionato con il programma dell'evento piegato in tasca.
Ichino segue il corso del suo ragionamento certo di sapore un po' riformista e provocatorio. «Questo mercato si basa su un paradigma: quanto più il lavoratore è sostituibile tanto più è debole nella contrattazione individuale e collettiva. È una delle regole di Marshall- Hicks (due tra i più noti economisti della storia, ndr): l'azienda sceglie, il lavoratore subisce e il sindacato nasce per correggere questa disfunzione» continua. Il punto per il giuslavorista è che il paradigma è vetusto. Vecchio. Nel migliore dei casi superato. E va scardinato. Il dipendente può permettersi di sbattere la porta e andarsene: è con questa mobilità, potenzialmente anche verso l'estero, che sceglie il datore che lo valorizza e con cui si trova bene.
C'è un solo neo nel suo ragionamento che lui stesso riconosce: andarsene tutti insieme da un'azienda per ricollocarsi in un'altra sarebbe molto complicato ma qui dovrebbe essere il sindacato a tenere bassi i costi del passaggio. (,..)
A chiudere i lavori ci ha pensato l'ex ministro del Lavoro Tiziano Treu. Che da politico ha anche tirato fuori dal cilindro una ricetta di buon senso: perché non offrire ai giovani migliori che escono dalle Università, al posto di piccoli contratti rinnovati di tre mesi in tre mesi, un contratto magari di cinque anni che gli permetta di crescere senza per questo vincolare l'azienda subito a vita?
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