sabato 30 settembre 2006

Partizioni

Dice Richard Florida nel suo libro 'L'ascesa della nuova classe creativa' dice che per avere successo una società deve puntare sul talento, la tecnologia e la tolleranza (le 3 T).
La tripartizione classica agricoltura, industria e servizi non esaurisce più l'economia di oggi. I servizi sono infatti composti da due anime:
1) l'anima 'taylorista' - come MacDonald's o i call-center: procedure ben definite da seguire rigidamente;
2) l'anima 'creativa': avvocati, progettisti, manager, medici, artisti, giornalisti. è in questa seconda dimensione che risiede il valore aggiunto dell'economia post-industriale.

e voi dove vi sentite di stare?

WAPpo

Una riflessione in inglese sul "fallimento del WAP", non a caso ribattezzato da tempo Wrong Approach to Portability

Origine dei problemi (seguito)

Cari amici e colleghi,
in merito alle sacrosante parole del presidente Angelo Tosto, come ribadito nella mail del 10/9 con l'allegato di Alberto Tripi, e facendo riferimento ad un altro articolo di Tolardo del 5/7, vi aggiungo le parole di Mario Massone, fondatore dell'Osservatorio dei Call Center, che avete conosciuto alle Convention Datacontact.
"(...) Dipende dai problemi a monte (in merito ai disservizi dei call center nei confronti dei clienti). Gli outsourcer possono fare il proprio dovere. Il problema è che sono pagati poco dagli operatori, poichè in Italia non c'è ancora la cultura del rispetto del cliente. Per l'80 per cento un operatore sceglie il proprio outsourcer in base al prezzo, alla possibilità di risparmiare. E poichè gli outsourcer hanno ricevuto un budget inadeguato, a loro volta devono risparmiare sulla formazione delle risorse umane, sulla tecnologia usata nei call center. E sui salari: è uno dei problemi più gravi, da cui deriva l'inefficienza e la scarsa professionalità di alcuni addetti. Se hanno contratti temporanei, se sono mal pagati, non possono vedere quello del call center come il lavoro definitivo della propria vita. Sono quindi poco motivati e tendono a licenziarsi o essere licenziati. Ma un alto turn over impedisce che si formino addetti esperti, ossia con almeno due anni di lavoro alle spalle".
Emerge quindi, alla fine dell'inchiesta (A chi piaccioni i call center, su Punto informatico solido, Feb 2005) quella che potrebbe essere la causa di fondo dei problemi dei call center: è un paradosso, una contraddizione. Da una parte, gli operatori hanno reso il call center il solo canale ufficiale di rapporto con gli utenti; dall'altro, l'hanno gestito al risparmio, forse cadendo in quello che Mario Massone chiama "il luogo comune che affligge i call center, a torto visti come un lavoro facile, per il quale non servano professionalità. E' invece un mercato a forte innovazione, dove le competenze devono essere di continuo aggiornate".
E poichè "il costo di un call center dipende al 60 per cento dalle risorse umane", è in queste che si è tentati di risparmiare. Così anche si può spiegare lo scarto tra la teoria (piattaforme tecnologiche evolute, in grado di analizzare in tempo reale la situazione del cliente) e la pratica, che vede addetti solerti a fare reinstallare per l'ennesima volta il modem o a negare i rimborsi previsti dalle call guides.

venerdì 29 settembre 2006

Fiuto particolare

Un cane addestrato 'fiuta' i telefoni di contrabbando in prigione

21 Settembre 2006 Anche senza ricorrere ad apparati elettronici specializzati o addirittura alle ispezioni rettali, nel carcere inglese di Norwich è stato utilizzato per la prima volta al mondo un cane addestrato a scovare i cellulari nelle celle dei detenuti. Il cane, uno springer spaniel di 15 mesi a cui è stato dato il nome di Murphy, è stato addestrato nel centro di Ipswich e sarà impiegato non solo nel carcere di Norwich, ma in tutti i dodici penitenziari della regione, dove negli ultimi 12 mesi sono stati rinvenuti oltre 500 telefonini cellulari nascosti dai detenuti nelle proprie celle, per continuare a restare in contatto con il mondo esterno.

dolci similitudini...

giovedì 28 settembre 2006

La Costituzione del gruppo Telecom

La mappa dei Valori

Orientamento al cliente
Considerare il cliente come il principale datore di lavoro e la soddisfazione del cliente come suo valore fondante. Essere disponibili all'ascolto del cliente interno ed esterno e attivarsi per anticipare e rispondere velocemente alle esigenze rilevate.

Assunzione di responsabilità
Mettersi in gioco sul raggiungimento di risultati concreti e saper assumere la delega come opportunità, senza demandare alla gerarchia i problemi risolvibili nel proprio ambito di competenza.

Innovazione
Assicurare lo sviluppo di soluzioni innovative e promuovere nuove modalità per il miglioramento dei processi e dei sistemi esistenti, al fine di rafforzare il posizionamento dell'Azienda sul mercato.

Proattività
Essere propositivi anticipando ed influenzando gli eventi. Cogliere e sviluppare, anche a partire dai segnali deboli, le opportunità che si presentano nell'ambito del proprio contesto di riferimento e formulare proposte ed iniziative utili al raggiungimento degli obiettivi dell'Azienda e del Gruppo.

Velocità
Considerare che il tempo è una risorsa importante la cui ottimizzazione impatta sui costi del servizio reso e sulla capacità di fidelizzare il cliente interno ed esterno. Affrontare esigenze e problemi e fronteggiare la molteplicità e l'incompletezza di input, definendo soluzioni tempestive e praticamente utili.

Integrazione
Lavorare insieme con spirito di squadra minimizzando i conflitti e massimizzando l'efficacia dello scambio delle informazioni e del contributo professionale in funzione di un risultato comune per l'Azienda ed il Gruppo.

Trasparenza
Assicurare una condotta d'impresa eticamente corretta; intrattenere relazioni interne ed esterne corrette e leali favorendo la circolazione delle informazioni.

Eccellenza professionale
Sviluppare le proprie competenze in maniera continua responsabilizzandosi sul proprio progetto di crescita professionale per contribuire al successo dell'Azienda e del Gruppo.

http://open.telecomitalia.it/il_gruppo/valori.asp

mercoledì 27 settembre 2006

Stranezze

Dopo il flop a Trieste la società che gestisce queste strutture per conto della Telecom cercherà al Sud
Call center offre lavoro, raffica di no
Disponibili 250 posti: 370 colloqui e solo 20 giovani hanno accettato

Duecentocinquanta posti di lavoro in un call center, contratti a progetto di 18 mesi che si sarebbero trasformati poi in posti a tempo indeterminato, dai 1000 ai 1500 euro al mese, una sede in pieno centro (via San Lazzaro), un investimento iniziale di 1,5 milioni di euro.
La società Mercuriotech (gruppo Telecom Italia), che allestisce e gestice i call center, era sicura di fare il pieno in città, vista l’elevata disoccupazione, come è accaduto in altre parti d’Italia.
È riuscita invece a malapena a selezionare una ventina di persone: 872 i colloqui effettuati da maggio a ieri, e di questi solo 372 quelli locali. Gli altri sono stati svolti tutti fuori città.
Ora, per poter coprire l’organico di 250 persone e soprattutto fornire il servizio chiesto dalla Telecom, la Mercuriotech sarà costretta a rivolgersi al Sud, cercando di far venire a Trieste il personale selezionato offrendo casa e affitto.
Tra i canali utilizzati da Mercuriotech, un posto privilegiato è stato riservato allo Sportello del lavoro della Provincia, oltre a inserzioni su un giornale di annunci economici e a manifesti affissi all’università.
Questi due ultimi canali hanno dato scarsi risultati. Lo Sportello del lavoro, invece, in due riprese, a maggio e all’inizio di settembre, ha fornito complessivamente un’ottantina di nominativi.
«Attualmente – precisa Adele Pino, assessore provinciale alle Politiche del lavoro – allo Sportello del lavoro ci sono 265 nominativi di persone disponibili a lavorare nei call center. Gli ottanta già comunicati possono risultare pochi, ma ciò deriva dal fatto che ad ogni richiesta segue una preselezione in base ai requisti posti dall’azienda».
La notizia delle difficoltà incontrate da Mercuriotech nel trovare il personale lascia sorpreso Paolo Battilana, direttore di Assindustria. «Non abbiamo ricevuto alcuna richiesta – sottolinea – e dire che Telecom è una nostra associata poichè la sede regionale è a Trieste. Sarà comunque nostra cura – aggiunge – contattare la Mercuriotech e orientarla verso gli sportelli istituzionali più adatti per trovare gli addetti che cerca».
«E’ strano che ci siano state così poche risposte – commenta Franco Belci, segretario provinciale della Cgil –. Un fatto in controtendenza con tutti i call center. Non capisco come si sia mossa questa (27 settembre 2006)

La gavetta ancora con la bavetta?

La "gavetta"? Serve sempre meno. Non si assumono i giovani precari
La stabilità nel lavoro arriva a 38 anni. Interviste a Centra e Dell'Aringa
di FEDERICO PACE

C'è modo di rendere ancor più piena di ostacoli una strada già molto impervia? A quanto pare sì. Tanto che la via che dovrebbe portare i giovani verso un posto stabile si è andata complicando ancor di più. Fino a qualche anno fa si faceva un po' di gavetta, si accettava un po' di flessibilità, e dopo un paio di anni si poteva ad approdare a qualcosa di certo. Ora però il numero di quelli che riescono nell'impresa è sempre più basso. "Tra il 2003 e il 2005 la quota dei contratti a termine degli 'under' che si è trasformata in contratti a tempo indeterminato - ci ha detto Marco Centra, responsabile Isfol per l'analisi e valutazione delle politiche per l'occupazione (leggi intervista integrale) - è diminuita in maniera preoccupante. Due anni fa era il 40 per cento. Ora invece viene stabilizzato solo il venticinque per cento dei giovani. "Se si guarda ai contratti di collaborazione ci si accorge che la quota degli 'under 25' che riesce a passare a un contratto permanente è pari a un misero undici per cento.

Al Sud nel 2005, secondo i dati della ricerca presentata in questi giorni dalla Svimez, un ragazzo su cinque non cerca lavoro e non studia: in tutto 824mila giovani. Lo scorso anno, dicono gli esperti Svimez, il Mezzogiorno ha assistito ad un calo degli occupati tra i 15 e i 34 anni pari a 221mila unità. Tre giovani su quattro hanno visto peggiorare la propria posizione professionale e solo il 19,6 per cento dei giovani è riuscito a vincere la sua personale lotteria: vedere trasformato il contratto atipico in uno a tempo indeterminato.

Così, quegli strumenti che dovevano permettere un più agevole accesso del mercato, quegli strumenti che parevano chiedere ai ragazzi e alla ragazze solo qualche sacrificio da sostenere nei primi tempi, dal 2003 hanno preso a tradire le promesse. Tanto che da allora è cresciuta anche la quota degli under 25 che fanno il percorso inverso e, dal lavoro "a tempo", escono per andare nella grigia area degli inattivi o in quella di chi cerca lavoro: nel 2002-2003 erano l'11 per cento ora sono quasi il venti per cento (vedi tabella).

Ma cosa è successo? Quali sono le ragioni? "Alle imprese - spiega Centra - non conviene più assumere i giovani perché non hanno più gli incentivi economici previsti per il contratto di formazione e lavoro mentre il 'nuovo' apprendistato è praticamente bloccato." Il fenomeno sembra ancora più acuto proprio in uno dei più importanti mercati del lavoro. Nel Nord Ovest le "speranze" dei giovani si scontrano con una realtà quasi paradossale: solo il 26,2 dei contratti dei temporanei si trasforma in contratti stabili mentre succede lo stesso al 33,2% per la media totale (vedi tabella). I giovani ormai paiono condividere lo stesso destino dei loro colleghi più maturi. E la stabilizzazione arriva sempre più tardi: nel 1998 si raggiungeva a 36 anni mentre ora si riesce a conquistarla solo a 38 anni.

Il Nord Est sembra essere l'unica area territoriale dove le imprese utilizzano ancora i contratti a termine per avviare i giovani verso un percorso professionale stabile. Qui, negli ultimi anni, la percentuale di conversione per gli "under 25" è stata del 35,1% rispetto al 30,6% del totale dei lavoratori.

Anche secondo il rapporto Ocse ("Boosting Jobs and Incomes") i posti a tempo determinato, seppure possono produrre benefici effetti sul mercato del lavoro, rischiano di intrappolare certi lavoratori in situazioni di impieghi instabili con retribuzioni incerte. In media la penalizzazione retributiva è nei paesi dell'Unione europea pari al 15% (si va dal 6% in Danimarca al 24% in Olanda).

Cosa fare allora? "Bisogna puntare sul rilancio dell'apprendistato - ci ha detto l'economista Carlo Dell'Aringa (leggi l'intervista integrale) - Nel momento in cui Regioni, sindacati e parti sociali si metteranno d'accordo, questo istituto sarà molto utilizzato e la stabilizzazione tornerà ai livelli di prima. Se non esiste un contratto del genere le imprese ne approfittano e tengono un atteggiamento di eccessiva attesa nei confronti dei giovani. Non va bene però lasciare le nuove generazioni a macerare. Non va bene dal punto di vista sociale e non risponde nemmeno a esigenze forti delle aziende".

la Repubblica, 20 settembre 2006

domenica 24 settembre 2006

La carica di settembre secondo Agcom e Aduc

Telefonia:dopo le ferie i call center hanno ricominciato a truffare gli utenti
di Il Legno Storto, inviato il 24/09/2006

La fine dell'estate porta il fresco autunnale ma anche le gelate telefoniche. Le segnalazioni degli utenti dimostrano che la grande beffa continua. Le Authority devono fare di piu' predisponendo meccanismi di controllo e sanzioni vere nei confronti dei furbi. A cosa serve all'Agcom denunciare nella sua ultima relazione che le denunce alla stessa sono aumentate a circa 6.500 (ma il dato reale e' da moltiplicare minimo di cento volte), mentre l'anno prima erano la meta', se poi gli strumenti di risoluzione delle controversie non sono efficaci e soprattutto mancano multe salatissime che rendano sconvenienti i comportamenti truffaldini e le pubblicita' ingannevoli?
Anche la politica potrebbe fare di piu' favorendo un mercato realmente concorrenziale.
E veniamo a fatti, iniziando dai mitici call center che ormai sono adibiti dai gestori solo a fare nuovi contratti, e non a risolvere problemi. Dopo la pausa agostana sono tornati a colpire in grande stile con attivazioni di servizi mai richiesti, o con condizioni molto differenti rispetto a quanto pattuito. Naturalmente c'e' Telecom Italia che stravince in questa gara a chi “fotte” meglio l'utente, ma non solo. Per esempio, i telefonisti di Tele2 hanno fatto un salto di qualita'. Tra l'altro, per rassicurare il cliente potenziale, si spacciano da operatori Telecom Italia e dicono “vuoi pagare un canone Telecom piu' basso?”. Alla fine della conversazione l'utente non sa neppure con quale gestore ha parlato. Un esempio e' raccontato in questa lettera
http://www.aduc.it/dyn/sosonline/caraduc/carasingola.php?id=154800
Ma non e' solo questione di attivazione di servizi. Anche la vendita di apparecchi telefonici e' effettuata con l'inganno . In questo genere prevale Telecom Italia con il suo “Aladino” che di magie ne fa poche, mentre in bolletta costa 90 euro e non e' gratuito o in noleggio come viene promesso telefonicamente.
Poi continuano gli addebiti tramite le numerazioni speciali: 899, 70x e satellitari (circa 40 segnalazioni solo a settembre). Continua nonostante gli impegni di tutti i governi che si sono succeduti a partire dagli Anni 90 e dagli 144.
Contro queste continue truffe, consigliamo agli utenti di avvalersi delle previsioni del codice del consumo che prevedono il diritto di recesso entro 10 giorni
http://www.aduc.it/dyn/sosonline/schedapratica/sche_mostra.php?Scheda=40722
e di agire sin da subito tramite una raccomandata ar di messa in mora, evitando di perdere tempo con i call center
http://www.aduc.it/dyn/sosonline/schedapratica/sche_mostra.php?Scheda=111051
Sul nostro sito, inoltre, abbiamo predisposto una scheda:
S.o.s. call center. Norme per l'uso… e per non arrabbiarsi
http://www.aduc.it/dyn/sosonline/schedapratica/sche_mostra.php?Scheda=150442

L'ULTIMO LINK RIPORTA QUANTO SEGUE DA

S.O.S. CALL CENTER. NORME PER L'USO… E PER NON ARRABBIARSI
01/08/2006 a cura di Claudia Moretti

Ormai sono ovunque: nella telefonia, nelle assicurazioni, nei servizi di somministrazione del gas, dell'acqua, della luce, nei contratti di abbonamento televisivi, compagnie di trasporto aeree, perfino le amministrazioni pubbliche li usano…i numeri verdi.
Ma quante volte non riusciamo a contattare l'operatore desiderato? Quante volte si ascoltano interminabili messaggi vocali, senza che il nostro problema venga risolto o preso in considerazione?
E soprattutto, quante volte capita di accordarsi con la voce che gentilmente ci rispende “Buongiorno, mi chiamo xxx, posso aiutarla” e poi, o non cambia nulla, o addirittura mi viene detto fischi per fiaschi!?
Quante arrabbiature…molte, pero', del tutto inutili! Ecco alcuni consigli per evitare perdite di tempo, spesso costose (i numeri spesso sono a pagamento) e mal di fegato evitabili.
A cosa serve e a cosa non serve il call center
Prima di affidarsi esclusivamente al numero che vi hanno dato per risolvere il vostro problema o per fare una certa operazione, considerate che: 1. Il call center e' un ausiliario della vostra controparte (di tim, di telecom, di infostrada ecc…), dunque non vi dovete affidare ad esso come se fosse un terzo estraneo che vi da' il consiglio giusto;
2. Il cosiddetto"servizio clienti", anche nel caso funzioni, e' solo un aiuto che migliora l'esecuzione di un contratto, ma non si sostituisce ad esso. Prima di fare qualunque operazione, occorre leggere bene quali siano le conseguenze legali ed economiche scritte sulle condizioni generali del contratto;
3. Solo se, nelle condizioni generali di contratto, il call center e' individuato fra i mezzi attraverso i quali poter effettuare un'operazione, allora potra' avere valore legale;
4. Tenete sempre a mente la difficolta' probatoria a cui da' luogo una telefonata, piuttosto che una lettera raccomandata;
5. Se, quindi, dovete reclamare un disservizio, chiedere un rimborso, intimare qualcosa, non andra' fatto tramite il call center, ma attraverso la regolare messa in mora con raccomandata a. r., l'unica ad avere valore legale certo:
http://www.aduc.it/dyn/sosonline/schedapratica/sche_mostra.php?Scheda=111051
Perche' puo' essere pericoloso il call center
E' frequente che gli operatori telefonici, ad esempio, si avvalgano del telefono per concludere contratti o servizi ad essi aggiuntivi. A volte gli utenti stessi chiamano il call center dopo una pubblicita', a volte vengono contattati direttamente per promozioni varie. Il cliente, ascolta le condizioni che gli elenca la voce in cornetta e dice di si'.
Questo si', molto spesso, senza neppur averne chiaro l'oggetto, diventa un contratto.
Infatti i contratti si possono per legge concludere in vari modi, non solo per iscritto, ma anche per mera esecuzione delle prestazioni: cioe', basta che vi attivino il servizio e il contratto e' concluso!
A volte il telefonista dice che arriveranno per posta le condizioni generali del contratto da sottoscrivere, ma spesso e' gia' tardi, si leggeranno dopo le condizioni di quel maledetto si'.
Altro pericolo telefonico e' quello di dar retta alle voci dei vari servizi clienti, che spesso sbagliano o omettono di riferire con esattezza i contenuti del contratto.
In caso di problemi o controversie, il cliente difficilmente potra' dimostrare in futuro l'informazione o la disinformazione che ha subito, anche perche' eventuali registrazioni fai da te, non hanno alcun valore legale. Se l'operatore afferma di registrare, cosa ne sappiamo noi, in realta'?
Come difendersi
Occorre pensare al peggio ed esser preparati a dar prova di quello che accade durante tutto il rapporto con queste grandi compagnie. In questa prospettiva, usiamo il call center, senza che ci si ritorca contro.
1. Ascolta… e credi pochissimo, diceva un detto latino. Non prendere mai per oro colato quello che viene riferito e prima di dire si', pretendere l'invio scritto delle condizioni generali del contratto.
2. Concludere solo contratti scritti, previa attenta e meticolosa lettura;
3. In caso di promozioni, non fidarsi delle voci, ma verificare che la pubblicita' corrisponda all'effettivo servizio offerto, leggendo le condizioni generali del contratto.
4. Tener bene a mente le norme sul diritto di recesso e i loro termini
http://www.aduc.it/dyn/sosonline/schedapratica/sche_mostra.php?Scheda=133666
5. Ogni bega con la controparte va risolta tramite raccomandate a.r. di messa in mora e non affidarsi alle procedure che suggeriscono al call center (fax, e mail ecc…) a meno che non sia previsto espressamente nel contratto stesso.
6. Anche le modifiche che hanno rilievo nell'esecuzione del contratto, come ad esempio il cambio di residenza o domicilio per ricevere bollette, conviene eseguirlo con raccomandata a.r., e conservare la ricevuta che attestera' la nostra correttezza, salvo mezzi alternativi espressamente previsti nel contratto (fax, mail).
7. Se proprio non si riesce ad attivare altrimenti un servizio desiderato, ci si puo' appostare al telefono con il viva voce e due testimoni (meglio se estranei) che ascoltano la conversazione e che un domani possano eventualmente riferire al giudice di pace l'accaduto.

sabato 23 settembre 2006

Proposte di tracciabilità

Call center e offerte IPTV, che fatica!
Ne parla un lettore, alle prese con le offerte di call center esterni che chiamano a nome di Telecom Italia. Offerte, appuntamenti, nulla di vero? Tutto da confermare?

Roma - Caro Direttore, che fatica!
Qualche mese fa mi telefona una signorina gentilissima e mi dice: "Signor Andrea, sono di Telecom Italia, ma non le voglio vendere nulla", un bel modo per attirare la mia attenzione. "Stiamo per attivare un nuovo servizio che le consente di vedere TV, film e altri contenuti attraverso Internet, se vuole può far parte della sperimentazione e provare il servizio finché non diventerà un prodotto di Telecom". Già "cavia" per quella che allora si chiamava Broad Band Box, accetto.
Qualche giorno dopo, quando mi contatta il "reparto tecnico" per l'installazione del router, scopro che il servizio è in realtà un prodotto, si tratta di Alice Home TV, ed è sì gratis, ma solo per i primi due mesi, dopo di che dovrò pagare un abbonamento. Declino l'offerta e vivo felice, almeno per un pochino.
Intanto in TV certe mummie perdono le braccia e alcuni nani hanno dei conati.
Siamo a settembre, tornano alla carica. Questa volta l'atteggiamento è meno subdolo e più commerciale. Vogliono sostituire la mia vetusta ADSL 4Mega, con la nuova 20Mega + TV + una nuova linea telefonica Voice-Over-IP + un nuovo router wireless per quella che chiamano Internet 2.0 + tre mesi di canone gratuito e tutto allo stesso prezzo che pago oggi, un filo meno di 40 Euro.
Gli chiedo tre volte: è sicuro, è proprio così l'offerta? "Assolutamente", mi assicura. È molto convincente e preparato sui dettagli tecnici, per esempio scioglie le mie perplessità sul router, dicendomi che avrò le password e potrò gestire in autonomia il NAT. Mi fido.
L'appuntamento con il tecnico è per le 17.00 di lunedì 18 settembre, se ci sono problemi si fanno sentire loro. Per essere sicuro di non gettare alle ortiche un'ora di ferie, il venerdì prima chiamo il 187. Signorina molto simpatica con accento divertente: "No guardi, qui non risulta nessuna richiesta". "Ma come... non si può sapere almeno con chi ho parlato? Non vorrei aprire ad un serial killer lunedì...". "Se si presenta qualcuno, gli chieda le credenziali!". "Ne viene fuori una trama discreta. Comunque il suo collega mi aveva offerto questo, quello e quest'altro." "No guardi, l'offerta di base per la TV costa 45,90 Euro, c'è il router, ma niente telefono e i mesi gratis sono due". Ha ragione, le cifre corrispondono a quelle del sito; declino nuovamente.
Mi rassegno a rimanere con la mia 4Mega, almeno fino al 20 settembre, quando squilla nuovamente il telefono. Di nuovo Telecom Italia con voce di donna.
La fermo e per non essere scortese le dico che già conosco il prodotto, ma che non ho intenzione di perderci altro tempo. Vuole i dettagli. Ascolta e inizia un'invettiva contro i call center "esterni" che "non sanno cosa propongono" che - ho capito io - non rischiano il posto. So in che condizione lavorano e le dico: "Senta, perché non mi fa una proposta solo connettività 20Mega, che ho capito costa come la mia 4Mega, oppure mi fa pagare un quinto e lasciamo le cose come stanno?" "Non posso", mi risponde. "La promozione che ho io è per il pacchetto completo. Comunque lei si trova di fronte ad una scelta, perché la 4Mega non esiste più, quindi o torna a 640K o accetta la 20Mega". "Ma se lei la 20Mega non me la può dare..." "Un modo ci sarebbe, lei sottoscrive il pacchetto 20Mega + TV + calcio (60 Euro/mese!), poi disdice il calcio e la TV entro 10 giorni e le rimane la 20Mega".
"Ascolti: ho impiegato due anni a farmi togliere la segreteria telefonica che non avevo mai richiesto, si figuri se firmo qualcosa. No".

Brevi per Telecom Italia (e affini):
- Tracciabilità delle conversazioni.
Ho preso appuntamento con qualcuno con credenziali Telecom a casa mia. A voi non risulta e questo non è corretto.
- Univocità dell'offerta. Perché bisogna mediare tra le risposte di tre o più diversi operatori per sapere qualcosa di certo?
- Vantaggi per i clienti. Pago la 4Mega come la 20Mega, da mesi. Perché per adeguare il prodotto, devo comprarne un altro? Perché non pago per quello che ho? Ovvero un quinto?

Andrea Ganduglia

venerdì 22 settembre 2006

Prevenzione e sicurezza

Milano, 21 set . (Adnkronos Salute) - Routine monotona e ripetitiva, carichi di lavoro irrealistici, scarsissima autonomia, addestramento a volte insufficiente, turni faticosi e rotazione alle scrivanie sono fra le fonti di stress che attanaglia gran parte dei lavoratori dei call-center, insieme a disturbi del sonno, irritabilità, stanchezza, cefalea e mal di schiena. Mali che colpiscono nel corso dellanno il 94,4% dei lavoratori dei call-center. Per tutelare la salute dei 220.000 operatori italiani la Asl Città di Milano ha realizzato Linee Guida ad hoc. Un libretto di circa 50 pagine che individua i principali fattori di rischio e suggerisce possibili linee di intervento. Indicazioni pensate non solo per proteggere i lavoratori, ma anche per ridurre al minimo problemi e assenze legati a malesseri e disturbi vari.

Le Linee Guida per il lavoro nei call-center, anticipate all'ADNKRONOS SALUTE, saranno illustrate domani (oggi praticamente) nel capoluogo lombardo, nel corso di un convegno in programma nellAula Magna dell'Ifom, dal tema Salute nei call-center. Idee per un cambiamento, organizzato dal Dipartimento di prevenzione - servizio prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro. Nel volumetto, frutto di un lavoro di due anni, si elencano i principali fattori di rischio, individuati anche grazie a una serie di indagini condotte tra il 2004 e il 2005 in 24 call-center di Milano. Fra i potenziali nemici della salute, lo stress lavorativo: favorito da carichi di lavoro eccessivi, scarsa autonomia, monotonia e ripetitività (a loro volta anticamera di depressione), ma anche mancanza di un addestramento adeguato, turni spossanti, telefonate aggressive o moleste e rotazione della scrivania (una pratica diffusa che impedisce al lavoratore di poter contare su uno spazio personalizzato). L'hot desk in particolare, secondo le Linee guida, è una condizione che andrebbe evitata il più possibile. Altrimenti occorre dare il tempo all'operatore di personalizzare la sua postazione di volta in volta.

Anche per gli altri aspetti si suggeriscono possibili soluzioni, particolarmente importanti per contenere il rumore ambientale, altra potenziale fonte di malanni. Dalla costruzione del call-center con materiali fonoassorbenti, alla corretta posizione di cuffie e microfoni, i rimedi suggeriti analizzano tutti le possibili fonti di malessere per i lavoratori dei call-center. Costretti a fare i conti, a volte, con cattive condizioni di igiene e pulizia, favorite anche dalla rotazione alle scrivanie. Occorre curare, inoltre, microclima e pulizia dellaria; occhio poi ai danni da prolungato uso della voce. In questo caso le Linee guida suggeriscono opportune interruzioni orarie e l'eliminazione del rumore di fondo, che può portare ad alzare il tono e, quindi, a sforzi eccessivi.

Per contrastare l'affaticamento visivo si suggeriscono soluzioni ergonomiche mirate, mentre per i problemi di postura e quelli legati ai movimenti ripetitivi è stata stilata una lista di indicazioni ad hoc. Come capire se in un call-center sono in agguato malattie da lavoro? Gli esperti della Asl di Milano hanno preparato una check list, una serie di domande che dovrebbero aiutare chi organizza il lavoro a ottimizzarlo, a tutela della salute dei dipendenti. Proprio pensando al singolo lavoratore, infine, in allegato c'è un questionario per valutarne lo stato di salute, il benessere e per rilevare eventuali problemi.

Proposta di concordato

CALL CENTER Atesia assume 4.500 collaboratori se arriva la sanatoria per il passato

IL GRUPPO Almaviva è pronto ad assumere 4.500 dei circa 8 mila lavoratori con contratti atipici impegnati nei call center delle diverse società del Gruppo (Atesia, Cos, Finsiel Alicos e altre), ma chiede una sanatoria sul passato. L'ad di Atesia, Cos e Finsiel, Gianni Camisa, ha presentato martedì un ricorso contro le conclusioni degli ispettori del ministero del Lavoro di agosto su Atesia, che chiedevano l’assunzione di tutti i lavoratori impegnati nei call center a partire dal 2001. «Per noi la strada è quella dell'accordo fatto con i sindacati per la stabilizzazione di oltre 3 mila collaboratori».

giovedì 21 settembre 2006

SOS Preghiera

Roma, 21 set. (Adnkronos)
Sono 186, se almeno uno di noi si aggiungesse sarebbero 187 (come Telecom!)

'Call center' della fede: il cittadino telefona alla parrocchia, lancia il suo s.o.s. e un gruppo di preghiera si mette al 'lavoro' per chiedere l'intercessione del Signore
.
L'insolita iniziativa, che garantisce una copertuta totale sette giorni su sette, arriva dalla Basilica di Santa Anastasia al Palatino, nella capitale, dove il rettore don Alberto Pacini, consapevole che la fede può aiutare a risolvere i problemi della gente, ha messo in piedi un vero e proprio servizio di ascolto e di preghiera per coloro che si trovano in difficolta' e chiedono di pregare per loro. ''Ci sono tante persone che sono impossibilitate, per serie ragioni, a venire in chiesa per pregare e ce ne sono altrettante che hanno bisogno di aiuto o di un semplice conforto - spiega padre Gregorio, aiutante del rettore e attivo telefonista del 'call center' -. Il nostro servizio e' rivolto a tutta questa gente''.

Al 'call center' della fede ci si può rivolgere tutti i giorni della settimana. Domeniche incluse. ''Il gruppo di preghiera è composto da almeno 186 persone che riescono a coprire l'arco dell'intera settimana durante la quale arrivano le telefonate di aiuto'', spiega ancora il padre-telefonista. Il mercoledi', poi, dalle 21 alle 23, componendo il numero della basilica si attiva una segreteria telefonica sulla quale si puo' registrare il proprio s.o.s con la richiesta di preghiera. ''Cerchiamo di esaudire tutte le richieste'', dice padre Gregorio che elenca le principali. ''Ci sono persone che non hanno un lavoro - spiega - e chiedono per questo una intercessione. Persone che hanno problemi economici, altri ci chiedono di potere superare le paure che li opprimono''.

Nel numero di quanti si rivolgono al 'call center' della basilica al Palatino anche ''madri che chiedono al Signore di vegliare sui problemi scolastici dei figli. Ma ci sono anche mariti e mogli che chiedono di pregare per il loro matrimonio che va in frantumi. Ovviamente a noi si rivolgono anche persone con gravi problemi di salute''. Ma se qualcuno telefona per augurare del male a qualcuno, ''beh - avverte il padre telefonista - sappia che noi in questo caso non possiamo esaudire le sue preghiere. Le deviazioni della gente non possono certamente entrare nello spirito del nostro call center''.

Un servizio collaudato nel tempo grazie alla intraprendenza del padre rettore che non ha lasciato nulla al caso. ''Don Alberto ha pensato anche a curare l'aspetto tecnico del servizio'', dice padre Gregorio. E cosi' ecco i turni al telefono dove, nell'arco della giornata, tra sacerdoti e laici, si suddividono in quattro o cinque. ''Una volta ricevuta la telefonata con la richiesta di aiuto scatta il lavoro del gruppo di preghiera - sottolinea ancora il sacerdote -. Oltre un centinaio di persone, circa 168, a turno, si riuniscono nella cappelletta della basilica e si mettono a pregare. Il nostro compito è quello di ascoltare, il resto lo fa la fede''.

giovedì 21 settembre 2006

Meetup sui Sassi

Sassi chiusi al traffico si', Sassi chiusi al traffico No ?

Message Board › Sassi chiusi al traffico si', Sassi chiusi al traffico No ?


Beppe Grillo Meetup Group No. 159
Matera, Italy 40.6716.6
110 Beppe Grillo Fans

mercoledì 20 settembre 2006

Tutti in breafing

La settimana prossima partirà l'attività di formazione per il personale ispettivo e le aziende operanti nel settore dei call center circa la corretta utilizzazione dei contratti a progetto. Lo fa sapere in una nota il ministero del Lavoro dopo la riunione della Commissione centrale di coordinamento dell'attività di vigilanza tenutasi alla presenza del ministro Cesare Damiano. La prima fase, rivolta al personale ispettivo, prevede la convocazione per i giorni 19 e 20 settembre, dei tutor regionali, cui saranno fornite le indicazioni circa i contenuti e le metodologie da utilizzare per la fase informativa da svolgersi su base regionale. La seconda fase riguarderà le imprese. Il Ministero sottolinea che parallelamente all'attività di formazione rivolta al personale ispettivo si organizzeranno a livello regionale, e sempre con il supporto di “Italia Lavoro”, incontri a cui parteciperanno tutte le imprese operanti sul territorio di riferimento.

Per approfondire: www.welfare.gov.it

sabato 16 settembre 2006

Il cellulare sulla postazione??!! Sul giornale ufficiale!

clicca per ingrandire


Trasmissione rimandata al 21

La guerra dei call center

In onda giovedì 21 settembre (ch.816 di SKY), in diretta dalle ore 8.00 alle 12.00.

Il diktat lanciato dall'Ispettorato del lavoro alla società di call center Atesia, sull'assunzione di oltre 3mila lavoratori, mette in difficoltà il Governo e il centrosinistra. E al centro del dibattito politico emergono posizioni contrastanti sull'utilizzo dei contratti atipici e del lavoro flessibile. Quanti sono gli addetti impiegati nei call center in Italia? E in quante aziende? Una fotografia del settore nella diretta condotta da Marina Nalesso e Marco Farinelli. In studio politici, esperti in diritto del lavoro, imprenditori e rappresentanti delle agenzie di lavoro temporaneo.

http://www.raiutile.rai.it/articolo.jsp?id=1037

13/09/06 intervista atesia

I precari dei call center d'Italia, riuniti in assemblea nazionale, il 9 settembre provano a costruire un percorso unitario per far fronte alle drammatiche condizioni della flessibilità del lavoro. Il caso Atesia in primo piano dopo i risultati dell' ispettorato dell'ufficio provinciale del lavoro: da precari a subordinati?

(ultimo comunicato precari atesia)
Finalmente dopo un anno di lotte autorganizzate, Atesia è apparsa sulla stampa, nella sua vera veste di "fabbrica di precarietà". Finalmente grazie alle lotte dei lavoratori e delle lavoratrici autorganizzati di Atesia, emerge l’abuso di illegalità perpetuato per anni alla periferia della "città eterna". Tanto per far luce sull’intera "vicenda", che ha colpito nel cuore la questione "precarietà", oggi si è tenuta una conferenza stampa davanti ad Atesia i cui sono stati chiariti (e speriamo una volta per tutte) i seguenti punti:

L’ispezione all’ufficio provinciale del lavoro è stata richiesta dalle lavoratrici e dai lavoratori del Collettivo Precari Atesia dopo l’illegittimo licenziamento di quattro di loro, colpiti solo perché hanno osato contestare gli accordi precedentemente firmati tra azienda e sindacati confederali che per l’ennesima volta imponevano contratti precari.

Durante tutte le mobilitazioni (scioperi pressoché totali, manifestazioni cittadine, sit in, incontri con le istituzioni ecc. ecc.) i sindacati confederali, Cgil compresa, hanno violentemente ostacolato le nostre iniziative definendoci addirittura dei violenti-pazzi solo perché chiedevamo un contratto a tempo indeterminato. Non è affatto vero che la Cgil si sia spesa a nostro favore, anzi, la firma dell’ultimo accordo dell’aprile 2005 che stabilizza la precarietà, dimostra proprio il contrario.

Ma soprattutto riteniamo di fondamentale importanza l’esito dell’ispezione che chiarisce che TUTTO IL LAVORO SVOLTO AD ATESIA E’ DI NATURA SUBORDINATA. Un’ispezione che ha fotografato la drammatica realtà della nostra di lavoro. Non solo, un ispezione che ha CHIARITO UNA VOLTA PER TUTTE CHE FUORI LEGGE E’ TRIPI (che ha lucrato sulla nostra pelle e sulle casse dell’INPS) E NON I LAVORATORI E LE LAVORATRICI CHE RIVENDICANO I LORO SACROSANTI DIRITTI.

( interviste di Monica P.)

mercoledì 13 settembre 2006

Aggiornamenti

Al termine dell'incontro tra i vertici Telecom e i rappresentanti sindacali, il segretario generale di Slc-Cgil Emilio Miceli ha fatto sapere che ''ci sarà uno sciopero subito, entro fine mese. Useremo il primo giorno utile''. ''Il management non ci ha detto quello che ci aspettavamo - ha aggiunto - stanno facendo, dicono, una banale operazione societaria. Siccome è troppo banale significa che vogliono vendere Tim''. A decidere tempi e modi della protesta saranno i direttivi unitari dei sindacati, convocati per il 19 settembre. In quell'occasione sarà decisa la data dello sciopero di 24 ore, da attuarsi entro fine mese, e anche una manifestazione nazionale da tenersi con ogni probabilità a Milano.

Mercoledì prossimo, invece, la protesta si sposterà a Palazzo Chigi. Per il 20, infatti, è previsto un sit-in davanti alla sede del governo e si moltiplicheranno le assemblee nei posti di lavoro. A riferirlo è stato il segretario nazionale dell'Ugl Telecomunicazioni, Gianni Fortunato. ''Andremo avanti con sempre maggiore determinazione - spiega - perché oltre al grave atteggiamento unilaterale dell'azienda, abbiamo tristemente constatato la condotta contraddittoria del governo, al quale chiediamo un incontro urgente. Abbiamo infatti la spiacevole sensazione di trovarci di fronte ad un film già visto, come quello degli anni 2000, quando l'allora esecutivo rimase inerte di fronte alla cessione del Gruppo nelle mani di Colaninno''.

martedì 12 settembre 2006

Un precedente insufficiente la sola "concorrenza agguerrita"

Il giudice condanna la Tim. Quel contratto è illegittimo
di Sandro Ravizza

La decisione del giudice Dalla Casa è giunta il 29 agosto ed è di indiscutibile chiarezza: la Tim di Bologna viene condannata a reintegrare una lavoratrice poiché viene giudicato illegittimo il contratto interinale stipulato con la suddetta lavoratrice, per tramite dell’agenzia Ali-Adecco. La sentenza prevede altresì che alla lavoratrice spettino tutte le retribuzioni arretrate e precisamente dal 16 maggio 2002. Per Silvia Cavallari è un bel cambiamento di prospettiva: da precaria con l’incubo, ogni sei mesi, del mancato rinnovo del contratto a lavoratrice assunta in pianta stabile. Questa sentenza lascia ben sperare anche gli altri 50 precari che hanno inoltrato analogo ricorso. Soddisfatti anche gli avvocati Antonella Gavaudan e Sara Passante che spiegano: “Il dispositivo del giudice si basa sul fatto che Tim abbia omesso di dare preventive informazioni alle rappresentanze sindacali sull’assunzione di lavoratori interinali e che le causali addette dall’azienda per reclutare i precari siano apparse assolutamente generiche, facendo riferimento a situazioni congiunturali, quando, invece, la legge stabilisce che si debbano fornire delle ragioni precise”.

Quelle causali così generiche
Per stare al testo del giudice, “il contratto di fornitura intercorso fra Ali e Tim Spa costituisce intermediazione di manodopera, è quindi nullo il contratto di prestazione temporanea e il rapporto di lavoro deve ritenersi costituito a tempo indeterminato e parziale (part-time) con Tim SpA”. Tim, da parte sua, si era giustificata parlando di “concorrenza agguerrita nel settore delle telecomunicazioni, originata dalla evoluzione tecnologica”. La replica del giudice è nettissima: “È generico argomentare sulla concorrenza agguerrita. Proprio l’estrema flessibilità degli argomenti utilizzati, adattabili a qualunque congiuntura di mercato, ne sancisce la fallacia”.
È motivata, quindi, la soddisfazione della camera del lavoro bolognese e delle sue strutture Slc e Nidil. Per Danilo Gruppi, segretario confederale, della Cgil si tratta di un “un passaggio non risolutivo ma importante nella battaglia che da anni conduciamo contro l’uso distorto che Tim fa dei precari. In questo senso non è solo la vittoria di un singolo, ma l’evidenziazione del tallone d’Achille del sistema con cui Tim recluta i precari. E, in ogni caso, viene premiata la nostra iniziativa”.
Dura, infatti da più di due anni, l’azione della Cgil tesa a intraprendere un confronto serio sulla stabilizzazione dei rapporti di lavoro interinale. La Tim, seppure più volte sollecitata, si è sempre rifiutata di affrontare sostanzialmente la questione. E questo aveva già portato alla prima denuncia per comportamento antisindacale e alla prima sentenza, nel maggio 2002, di condanna della Tim per scorretto utilizzo dei lavoratori interinali. Alessio Festi, della Slc regionale, offre qualche dettaglio in più su questa situazione: “Ci sono lavoratori già precari da 4-5 anni, in condizione di enorme flessibilità, con i turni alla sera e nei festivi, e che, d’improvviso, si ritrovano, senza motivazioni plausibili, a casa”. A Bologna, in un’azienda che nel complesso occupa più di 1.000 addetti, vi sono state punte nel call-center (700 addetti) di utilizzo di 260 lavoratori interinali. Tra chi va e chi viene si contano migliaia di persone negli anni. “Ma quello che ci preme sottolineare – prosegue Festi – è che questa strategia che intendiamo contrastare non è solo della controllata Tim ma, più complessivamente, è la linea che la casa madre, e cioè il Gruppo Telecom, mette in pratica in tutti i punti in cui il decentramento si è manifestato. Così laddove esternalizza all’Hp, per esempio, oppure alla It, si trova un uso massiccio e distorto del precariato. E quindi, così come abbiamo inteso contrastare la linea Tim, intendiamo muoverci negli altri siti esternalizzati. Con il confronto e le richieste sindacali si intende, per prima cosa. Ma laddove le aziende rifiutano il confronto, ci vedremo costretti a procedere per vie legali”.

Ricorso strutturale al precariato
Sull’anomalia della Tim torna Elena Giustozzi, segretaria Nidil e membro della segreteria confederale bolognese, con un raffronto tra il ricorso degli interinali fatto dall’azienda telefonica e quello che, più in generale, si registra nelle imprese bolognesi: “Nel 2001 sono 12.000 i lavoratori interinali utilizzati dalle imprese bolognesi e 24.000 le immissioni (un lavoratore può avere più immissioni). Nel complesso ogni ricorso al lavoro interinale copre mediamente 40 giorni al massimo. L’anomalia di Tim sta nel fatto che il ricorso al precariato data dal 1998 e avviene in termini strutturali e costanti nel corso dell’anno. A ciò si aggiunga l’incauta e ottusa decisione di non confrontarsi col sindacato”. Fino a ora la speranza era che le cinquanta cause aprissero la strada a un nuovo clima di relazioni. Con la sentenza del 29 agosto si legittima qualche certezza sulla fondatezza dei rilievi e dell’impostazione sindacale.

(Rassegna sindacale, n.36, 2-8 ottobre 2003)

domenica 10 settembre 2006

Chiamiamo il call center delle poste...

Le donne inglesi vogliono lettere d'amore non SMS

19 Agosto 2006

Una ricerca effettuata nel Regno Unito su un campione di 2000 donne ha mostrato come un'ampia maggioranza vorrebbe ricevere dal proprio partner una lettera d'amore scritta a mano invece che un'email o un SMS. Ben il 77 per cento delle intervistate vorrebbe ricevere una lettera tradizionale, il 19 per cento non ne ha mai ricevuta una, il 44 per cento non ne riceve una da più di dieci anni. E' stata varata anche una campagna governativa, promossa dalla scrittrice rosa Jill Cooper, per aiutare gli uomini a rispolverare carta e penna e per dare loro un po' di training letterario.
...e chiediamo magari se hanno una "collection card" per la prioritaria, che ne dite?

Decisioni in breve

CALL CENTER Corteo di protesta a Roma

UN CORTEO a Roma dei lavoratori dei call center venerdì 29 settembre, un incontro con il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, uno sciopero nazionale dei lavoratori dei call center entro novembre. Sono le principali decisioni prese dalla prima assemblea nazionale tenutasi ieri a Roma. Nel documento finale, l'Assemblea ha confermato all'unanimità «la volontà di continuare il percorso di una campagna nazionale contro precarizzazione, legge Treu, la legge Biagi, e politiche di tagli governativi». Tra le principali richieste, la trasformazione di tutti i contratti precari in contratti a tempo indeterminato full time, il blocco dei processi di esternalizzazione, la riduzione degli orari di lavoro a parità di salario e il reintegro di lavoratrici e lavoratori licenziati dai call center.

domenica 10 settembre 2006

Editoriale del presidente

Cari colleghi amici,
ho voluto postare l'editoriale di Angelo Tosto per evidenziare il fatto come abbia davvero colto il cuore della situazione nel marasma di questi giorni.
Come avrete notato ribadisce ciò che in un mirato articolo apparso su www.zeusnews.it vi postai il 5 luglio, con oggetto "il vero problema è la committenza" , e che il presidente di Atesia, Tripi, fece presente nell'intervista sul Sole24Ore nel maggio 2004 (che allego).
Salutiamo


Quella appena trascorsa è stata un'estate sotto tutti i riflettori per il mondo dei call center italiani.
A partire dal 14 giugno 2006, data in cui è stata emessa la circolare n.17 del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, si è diffusamente iniziato a parlare della attuale situazione del nostro settore che necessita da tempo di una maggiore regolamentazione.
Nel corso di questi mesi, tuttavia, si sono ulteriormente diffusi i cattivi stereotipi che vedono i call center come il regno esclusivo della precarietà e del mancato rispetto dei diritti dei lavoratori, luoghi in cui i vertici delle organizzazioni sfruttano una situazione contrattuale vantaggiosa senza trasferire nulla in cambio alle risorse che vi lavorano.
Questa visione - che trova purtroppo ancora in Italia alcuni casi concreti di conferma - non tiene però conto di tutte quelle realtà che hanno fatto e fanno dell'investimento sulle risorse umane il loro principale valore e della qualità della relazione con il cliente il vero asset strategico.
Nelle strutture di contact center in outsourcing come la nostra questi obiettivi possono essere raggiunti e trasferiti come valore al committente solo attraverso l'investimento continuo in formazione ed il continuo monitoraggio dei livelli di motivazione dei collaboratori.
Nel complesso scenario competitivo in cui ci troviamo ad operare in questo momento, ci sembra corretto condividere in prima battuta con tutti voi, anche attraverso il mezzo dell'house organ "Gente che...contact!", le linee strategiche che l'azienda intende seguire nei prossimi mesi per affrontare le nuove sfide ed essere in linea con la normativa recentemente modificata.
Ciò che non ha consentito a molte organizzazioni come la nostra di procedere ad una stabilizzazione delle forme contrattuali per quelle attività che sono contraddistinte dalla subordinazione e non possono pertanto essere autodeterminate da chi le svolge, è sempre stato il rapporto con i committenti e l'estrema ricerca dell'efficienza e della riduzione dei costi da parte delle aziende che esternalizzano i servizi di contact center.
In questo quadro si è innescata una spirale per certi versi perversa che ha condotto ad un livellamento dei prezzi medi di mercato per attività di contact center talmente bassi da non consentire l'applicazione di forme contrattuali più stabili. In questa ottica la nuova circolare ministeriale può contribuire a migliorare le logiche di gestione del settore, mettendo non solo le aziende fornitrici del servizio ma anche e soprattutto i committenti di fronte alla necessità di rivalutare in termini di pricing corrisposto la professionalità e la specializzazione delle risorse, soprattutto nei confronti di quelle organizzazioni che sanno dimostrare impegno, flessibilità, qualità dei risultati, costanza.
In questo percorso Datacontact intende farsi parte attiva nel confronto che si svilupperà nelle prossime settimane, insieme ai rappresentanti istituzionali ed alle forze sindacali, fornendo non solo la sua prospettiva ed esperienza ma iniziando un cammino che, progressivamente, porterà ad una stabilizzazione di quelle risorse che hanno dimostrato di saper raccogliere ogni volta le sfide lanciate e di saper esprimere con qualità il valore di una professione complessa ma sempre varia e stimolante.
L'impegno dell'azienda sul fronte delle attività inbound, tuttavia, non deve far ritenere che il resto delle attività abbiano meno considerazione nei piano strategici per il futuro. Al contrario i risultati e la qualità dimostrati per diversi committenti in questa area la fanno ritenere sempre più cruciale per lo sviluppo della nostra organizzazione, sia all'interno dei confini nazionali, sia all'estero. L'adeguamento ed il rafforzamento dei sistemi incentivanti ed il continuo riconoscimento dei risultati ottenuti sul fronte della vendita, che non saranno più utilizzati come leva nella gestione delle attività inbound, saranno un utile sprono per tutte quelle risorse che con tenacia e determinazione ogni giorno riusciranno a raggiungere importanti risultati di performance, risultati che saranno sempre più premiati secondo la logica meritocratica per cui "i migliori stanno con i migliori".
Proprio per consentire a tutte le risorse destinate a tali attività di poter raggiungere i livelli più alti saranno rafforzate le sessioni di formazione iniziale e periodica, con aggiornamenti e approfondimenti per consentire a tutti un miglioramento continuo ed il raggiungimento di risultati economici importanti.
Ci attendono al varco settimane cruciali che affronteremo con la consapevolezza che andranno compiute delle scelte importanti ma che alla fine la nostra qualità ed il nostro impegno, fatto della qualità e dell'impegno di tutti, ci consentiranno di superare qualche difficoltà e di mantenere sempre alto il nostro posizionamento sul mercato. Le scelte ed i passi principali che affronteremo saranno sempre comunicati in forma trasparente nella consapevolezza che l'azienda siamo tutti noi!
Angelo Tosto
Gente che...contact, Settembre 2006
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sabato 9 settembre 2006

Aggiornamento ufficioso

 
 
 
 
 
 
 
Cari amici colleghi, rare volte mi è capitato che clienti mi chiedessero a chi rivolgersi, però...
Non consideratelo un briefing uffciale, in ogni caso.
 
N.VERDE PER DIVENTARE CENTRO TIM 800/862500 (FAX 0961/829330)

Petizione di Andrea D'Ambra

Alla COMMISSIONE EUROPEA
DIPARTIMENTO CONCORRENZA, MERCATO E CONSUMATORI
AUTORITA' ITALIANA GARANTE DEL MERCATO E DELLA CONCORRENZA
PER L'ABOLIZIONE DEI COSTI DI RICARICA PER I TELEFONI CELLULARI

E' una cosa che accade solo in Italia mentre in tutti gli altri paesi Europei si paga ciò che si consuma. In Italia oltre al consumo devi anche pagare il "costo della ricarica" che altro non è che un'invenzione dei gestori telefonici per fare ancora piu' soldi a scapito di noi consumatori

CON QUESTA PETIZIONE I FIRMATARI CHIEDONO L'ABOLIZIONE DI QUESTI FAMOSI COSTI DI RICARICA, ANOMALIA TUTTA ITALIANA!

Qualche collega mi ha già chiesto la maglietta con l'immagine allegata! Wow

Articolo

Call Center: lavoratori sotto il ricatto, precarietà o a casa

Uno dei fatti che in questi mesi estivi hanno causato maggiori discussioni è stato il verdetto dell’Ispettorato del Lavoro sulla situazione contrattuale dei lavoratori di Atesia: gli oltre tremila operatori di call center, per lo più assunti con forme contrattuali a progetto, sono di fatto lavoratori dipendenti e devono essere assunti come tali dall’azienda.
Com’era prevedibile, Alberto Tripi, il presidente del gruppo Almaviva-Cos (cui fa capo Atesia), ha dichiarato che, piuttosto che assumere a tempo indeterminato, l’azienda è pronta a licenziare e delocalizzare; anche se è più facile delocalizzare in un paese dell’est un mobilificio che non un call center che risponde in italiano...
Il primo effetto di questo pronunciamento è stato purtroppo la sospensione degli accordi sindacali che l’azienda aveva stipulato tempo fa e che prevedevano, almeno a quanto dichiarato dallo stesso Tripi, l'assunzione a tempo indeterminato di 3 mila collaboratori entro la fine del 2006. Atesia lamenta che la sentenza colpirebbe solo la sua azienda, e non le concorrenti, creando uno squilibrio nel mercato. Quello che succede già oggi, comunque, è proprio che le aziende che non trattano lavoratori di fatto subordinati come “autonomi” sono meno competitive di quelle che sfruttano e promuovono il precariato.
Per evitare la parzialità di un solo intervento (sia pur importante) dell’Ispettorato, il ministro del Lavoro Cesare Damiano aveva cercato assieme ad aziende e sindacati di definire alcuni vincoli e limiti per l’estensione del contratto a progetto: se può essere un “progetto” la campagna di promozione di una iniziativa commerciale, promossa attivamente verso il pubblico, non può essere tale il lavoro quotidiano di un operatore che deve rispondere ogni giorno alle chiamate di consumatori che richiedono chiarimenti ed informazioni.
E’ stato francamente fastidioso, a fronte della complessità del problema, il chiacchiericcio di personaggi della destra che hanno rivendicato il valore “sociale” della legge 30, che proteggerebbe davvero i lavoratori, e contemporaneamente denunciato che il pronunciamento dell’Ispettorato nascerebbe da una cattiva interpretazione della legge. Anche il trionfalismo di alcuni esponenti della sinistra “antagonista” e di cobas non sembrano giustificati dai fatti.
Il problema è avere un sistema produttivo che funzioni e sia flessibile, senza che questa flessibilità sia ottenuta a spese dei lavoratori. Non è cosa che si possa ottenere con Ispettorati e tribunali, ma con leggi e misure che riescano a fornire garanzie, promuovere le aziende sane che fanno buona occupazione, sfavorendo lo sfruttamento del lavoro a tempo determinato, se non altro aumentando il compenso ed i contributi, a parziale risarcimento dell’incertezza del lavoro.
Per il governo questa è una delle sfide più difficili. Sono molti i giovani che si trovano in questa situazione occupazionale e che chiedono al centrosinistra una risposta, un miglioramento delle condizioni di vita, il ripristino di una normale aspettativa di vita stabile, che deve subentrare quando un normale spirito “d’avventura” dei primi impieghi lascia con gli anni il posto alla necessità di avere qualche sicurezza sociale e garanzia per la famiglia che si va creando.
Le risposte dei nostri tempi non possono essere decreti governativi di assunzione. Il confronto politico, tra maggioranza e opposizione, ma anche nella stessa maggioranza, è ampio e serrato. A fronte delle aperture dei mercati e della masticatissima globalizzazione, la ricchezza di un paese, il benessere, l’occupazione, non si possono ottenere se non con la promozione dello sviluppo e con il ripensamento della vocazione produttiva che il paese ha assunto in altra fase storica.
C’è chi vede questo atteggiamento come un cedimento all’iperliberismo, che oggi va sempre più abbattendo le garanzie costruite in decine d’anni di lotte sindacali e politiche. Occorre fare attenzione, però. L’aumento vertiginoso della concorrenza economica internazionale nasce dal desiderio di riscatto e di miglioramento del livello di vita di miliardi di non occidentali, che stanno affacciandosi oggi al mondo industriale. Occorre allora distinguere: il becero sfruttamento compiuto da aziende che pagano poco e male a fronte di attivi colossali non può essere confuso con le misure di sistema che nascono dalla necessità di minimizzare le diseconomie, aumentando la competitività del paese nel suo complesso.
Lo scopo di un governo deve essere quello di promuovere lo sviluppo e l’allargamento sociale del benessere, ma con politiche lungimiranti e non promulgando per decreto la felicità dei cittadini.

Marco Stirparo
07/09/2006 16.51.42

da http://www.pontediferro.org/articolo.asp?ID=623

venerdì 8 settembre 2006

Diretta su RaiUtile

La guerra dei call center

In onda mercoledì 13 settembre su Rai Utile (ch.816 di SKY), in diretta dalle ore 8.00 alle 12.00.

Il diktat lanciato dall’Ispettorato del lavoro alla società di call center Atesia, sull’assunzione di oltre 3 mila lavoratori, mette in difficoltà il Governo e il centrosinistra. E al centro del dibattito politico emergono posizioni contrastanti sull’utilizzo dei contratti atipici e del lavoro flessibile. Quanti sono gli addetti impiegati nei call center in Italia? E in quante aziende? Una fotografia del settore nella diretta condotta da Marina Nalesso e Marco Farinelli. In studio politici, esperti in diritto del lavoro, imprenditori e rappresentanti delle agenzie di lavoro temporaneo.

giovedì 7 settembre 2006

L'espresso segue

007 Operazione Corriere
di Peter Gomez e Vittorio Malagutti

Incursioni informatiche contro top manager e giornalisti della Rcs lanciate da un ufficio della Telecom.
Telefonate intercettate senza lasciare tracce. E nel mondo degli spioni arriva il terremoto
Il 2004 è un anno di grandi novità per la Rizzoli-Corriere della Sera. A giugno s'insedia il nuovo amministratore delegato Vittorio Colao, proveniente da Vodafone. A dicembre va in scena il cambio della guardia alla direzione del quotidiano di via Solferino: Stefano Folli lascia dopo soli 18 mesi e al suo posto arriva Paolo Mieli. È proprio in quelle settimane che parte un attacco informatico contro l'azienda editoriale. Alcuni computer di top manager e giornalisti finiscono nel mirino di un misterioso hacker. Sembra un'incursione come tante. Uno di quegli assalti lanciati quasi per gioco da chi si diverte in Rete. A ogni buon conto, dopo una segnalazione, interviene la polizia postale e a Milano, in Procura, viene aperto un fascicolo. I primi accertamenti collegano l'assalto a un indirizzo di Roma. Basta qualche controllo per rendersi conto che i pirati del Web hanno utilizzato un ufficio della galassia Telecom Italia. Gli investigatori procedono con prudenza. E alla ricerca di notizie si rivolgono alla compagnia telefonica. Dopo qualche tempo arriva la risposta: quei locali sono stati svuotati e anche le apparecchiature informatiche non esistono più, smantellate. L'inchiesta finisce in archivio. Ma non viene dimenticata.

Il dossier è oggi sulle scrivanie dei pm milanesi che stanno indagando sulla rete di agenti segreti, spie vere o presunte, ambigui giornalisti, investigatori privati e dirigenti aziendali che da più di un decennio sembrano ruotare attorno alla figura di Giuliano Tavaroli, 46 anni, il top manager della sicurezza del gruppo Pirelli-Telecom dimissionario da fine maggio.

Da più di un anno Tavaroli è sotto inchiesta per associazione per delinquere finalizzata alla violazione del segreto d'ufficio assieme a Emanuele Cipriani, il fondatore della Polis d'Istinto di Firenze, una delle più importanti agenzie investigative italiane. Nei computer di Cipriani i magistrati hanno scoperto un gigantesco archivio contente file su politici, magistrati, big della finanza e persino calciatori e arbitri: chiunque, o quasi, abbia giocato un ruolo di rilievo nelle cronache recenti del Paese. Per capire come sia potuta finire nelle mani di Cipriani una simile massa di dati, compresi tabulati telefonici, informazioni bancarie italiane ed estere e, in qualche caso, persino trascrizioni d'intercettazioni disposte dalla magistratura, i pm battono due strade. Da una parte guardano a Telecom, al tipo d'incarichi assegnati alla Polis d'Istinto e al flusso di denaro (almeno 14 milioni di euro regolarmente fatturati e accantonati in Lussemburgo) che dalla multinazionale milanese portano all'agenzia d'investigazioni. Dall'altra le verifiche si concentrano sui rapporti tra l'attivissimo investigatore privato fiorentino, Tavaroli e Marco Mancini, un super 007 dal luglio 2003 responsabile della prima sezione del Sismi, quella che si occupa di anti-terrorismo e controspionaggio.
"Marco è una figura magnifica, molto più che un amico, ma con il mio lavoro non c'entra", ha protestato Tavaroli in una intervista pubblicata il 30 maggio dal 'Sole 24 Ore'. Fatto sta che, proprio nelle stesse ore in cui il manager della sicurezza lasciava il gruppo Pirelli, anche Mancini ha scelto di farsi da parte prendendo un periodo di ferie. Sulla sua decisione, maturata nel corso di una drammatica riunione negli uffici dell'allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, hanno pesato le notizie provenienti dalla Procura di Milano. E non solo quelle sull'inchiesta che vede coinvolto il duo Tavaroli-Cipriani, ma anche le novità riguardanti l'indagine sul sequestro di Abu Omar, l'imam rapito a Milano il 17 febbraio del 2003 da un commando di agenti Cia e poi torturato in Egitto. A quel blitz hanno certamente partecipato anche degli italiani. Uno di loro, un maresciallo dei Ros dei Carabinieri, ha già confessato. Gli altri restano per il momento senza volto. Nei giorni del sequestro, Mancini ricopriva gli incarichi di "direttore del raggruppamento Centro-nord" del Servizio segreto militare e di "direttore reggente dei centri di Milano e Bologna". Adesso i magistrati si chiedono che cosa sapesse dell'operazione Abu Omar.

Man mano che le indagini si addentrano in questa palude maleodorante popolata da 007 dall'intercettazione facile, maghi dell'informatica e funzionari dello Stato con solidi legami a Washington, diventa sempre più difficile arginare l'onda lunga dello scandalo. E alla fine l'intricata trama spionistico-giudiziaria ha finito per scuotere anche le mura di Telecom. Venerdì 26 maggio il presidente Marco Tronchetti Provera ha sentito il bisogno di rassicurare gli 85 mila dipendenti del gruppo con una lettera aperta in cui si ribadiva la "trasparenza, l'integrità e l'eccellenza professionale" su cui si basa l'attività di Telecom. Assicurando, tra l'altro, che "chi in malafede ha commesso scorrettezze e abusi è sempre stato allontanato".

Da mesi, del resto, si era già messa in moto la macchina delle verifiche interne. Nel mirino, innanzitutto, ci sono le procedure e le apparecchiature utilizzate per le intercettazioni e la raccolta dei tabulati telefonici disposte dalla magistratura. Secondo quanto risulta a 'L'espresso', le sorprese non sono davvero mancate. In sostanza, i tecnici si sono resi conto che il sistema presenta delle falle. La rete dei controlli informatici che dovrebbe difendere queste delicate attività aziendali da interventi non autorizzati, da tempo era di fatto sottoutilizzata. Non basta. Gli accertamenti hanno anche stabilito che, almeno in via teorica, si sarebbe potuto intervenire direttamente sulle centraline per spiare le telefonate degli italiani senza lasciare tracce. In questo modo era quindi possibile evitare il ricorso alle apparecchiature ad hoc (denominate in gergo traslatori) che servono per portare le conversazioni intercettate sino alle sale ascolto delle procure, come si fa normalmente nelle indagini disposte dalla magistratura.

Un altro aspetto molto delicato preso in esame riguarda la gestione dei tabulati telefonici e degli altri dati di traffico. Queste informazioni sensibili vengono gestite, sulla base di procedure precise, da alcuni uffici all'interno di Telecom: il Cnag (Centro nazionale autorità giudiziaria), lo Stag (Servizio tecnico autorità giudiziaria), ma anche dagli operatori addetti, in caso di contestazioni, alla verifica dell'effettiva corrispondenza tra il contenuto delle bollette e le chiamate effettuate. In tutti questi casi il sistema è protetto da badge e password che permettono di risalire immediatamente a chi ha utilizzato i terminali per richiedere informazioni. Nonostante queste precauzioni, esiste in Italia un vero e proprio mercato dei tabulati telefonici. Lo ha verificato la Procura di Milano quando in marzo, indagando proprio sulla Polis d'Istinto, si è imbattuta, arrestandoli, in un gruppo di detective privati assoldati, secondo l'ipotesi dell'accusa, dall'ex ministro della Sanità, Francesco Storace, per tentare d'incastrare due avversari politici come il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo e la candidata di Alternativa Sociale, Alessandra Mussolini. Questi dati generalmente escono dagli uffici di Telecom (e degli altri gestori telefonici) seguendo due strade: la corruzione dei semplici operatori o quella di funzionari delle forze dell'ordine che inviano alle compagnie false richieste di produzione di tabulati, mischiandole a quelle autentiche autorizzate dalla magistratura.

Secondo il quotidiano 'Libero' di sabato 27 maggio, le verifiche interne avrebbero però aperto anche un terzo fronte. La stessa Telecom "avrebbe rilevato" tra le proprie apparecchiature e i propri programmi informatici "la presenza di altri sistemi 'mai dichiarati' in precedenza". Di che cosa si tratta? La multinazionale di Tronchetti Provera, interpellata da 'L'espresso', ha negato la circostanza, assicurando di non aver mai inviato alcuna lettera al Garante della privacy per segnalare il problema, come invece sostenuto dal giornale diretto da Vittorio Feltri.

Non di tutto quello che accade in Telecom (e nelle altre compagnie) si può del resto parlare. Almeno dal 2001, secondo quanto risulta a 'L'espresso', nei nostri servizi segreti è partita la corsa all'acquisto di nuove macchine per le intercettazioni telefoniche. Il problema è che fino al luglio del 2005, quando il Parlamento ha approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza antiterrorismo, agli 007 italiani era formalmente vietato spiare le telecomunicazioni. Un evidente non senso perché senza intercettare è impossibile tentare di prevenire attacchi e attentati. Per anni si è così andati avanti ricorrendo a una sorta di compromesso all'italiana. Nel caso che le barbe finte fossero state scoperte, il governo era pronto a intervenire ricorrendo al segreto di Stato. Ma questo avveniva al di fuori di qualsiasi controllo. Dalla scorsa estate invece i direttori di Sismi e Sisde possono chiedere direttamente al Procuratore generale presso la Cassazione di autorizzare le cosiddette intercettazioni preventive. Cioè gli ascolti che non possono entrare nei processi e che non hanno valore di prova. Da quel giorno gli investimenti economici delle barbe finte in sofisticate apparecchiature elettroniche sono ulteriormente aumentati. Un segno evidente che di intercettazioni gli 007 ne fanno ormai moltissime. Come vengono pagate le compagnie telefoniche che gioco forza devono mettere a disposizione le proprie linee? Esistono dei protocolli d'intesa tra Telecom, Wind, Vodafone e i servizi? E se esistono, chi li ha firmati? Tutti interrogativi destinati a restare senza risposta sui quali, nella confusione delle norme, si allunga l'ombra del segreto di Stato.

Un solo dato è certo. In Telecom l'allontanamento di Tavaroli dai vertici aziendali ha provocato un terremoto tra gli uomini della sicurezza. Dopo trasferimenti, cambi di mansione, creazione di nuove strutture, ben pochi sono rimasti al proprio posto. Tanto per cominciare la security non è più una funzione autonoma ma è passata sotto la direzione risorse umane affidata a Gustavo Bracco. Il coordinamento delle attività di sicurezza risulta invece nelle mani di Adamo Bove, un ex poliziotto con un fratello gemello (Guglielmo) all'ufficio legale del gruppo. A fianco di Bove, lavora Giovanni Penna, responsabile delle cosiddette operations, che in pratica corrisponde all'attività di tutela fisica delle centrali e delle sedi di Telecom. Anche il Cnag, cioè il settore più delicato per le intercettazioni e i rapporti con la magistratura, ha cambiato indirizzo. L'ufficio diretto da Andrea Galletta non dipende più dalla sicurezza, ma è passato sotto la supervisione dell'ufficio legale, com'era fino a tre anni fa. Prima dell'arrivo di Tavaroli al comando dei security manager del gruppo telefonico.

http://espresso.repubblica.it/dettaglio//1300368/&print=true

mercoledì 6 settembre 2006

Nuova canzoncina

pensata sulla melodia di pinocchio, dopo l'ultimo breafing...

Carissimo incentivo...
ricordi quand'eri presente,
or con le nuove regole...
sparirai, prima o poi,
poveri noi!

che ne dite?

Rapin center

TENTATIVO DI RAPINA AI DANNI DI UN CALL CENTER

GENOVA. 5 SETT. In mattinata tentativo di rapina ai danni di un call center da parte di due albanesi. Due giovani albanesi sono entrati in un call center e armati di un cacciavite e di una catena hanno intimato ad un dipendente la consegna del denaro della cassa. Ne è nata una colluttazione che ha visto coinvolti anche altri due dipendenti. I due albanesi sono stati così messi in fuga.

http://www.ligurianotizie.it/copyright.php

è vero che questo è un call center di tipo diverso (dove si fanno le chiamate in uscita in cabina) ma...giusto per riflettere: noi...saremmo stati altrettanto pronti a difendere la nostra azienda anche senza essere energumeni? :-)

lunedì 4 settembre 2006

Roma 9 settembre

Roma, 28 agosto 2006 - "Per quelli che non sono stati licenziati, andate su a chiamare i colleghi, tra poco si inizia". L'invito parte dal microfono di uno dei membri del Collettivo Atesia. Sono diventati il simbolo della precarietà dopo il rapporto degli ispettori del Lavoro di Roma che ha deliberato per la trasformazione dei loro contratti co.co.co in contratti a tempo indeterminato. Stamane l'associazione ha organizzato una manifestazione sotto le finestre dell'azienda, per spiegare le ragioni delle loro proteste.

Ma nella piazza antistante l'Atesia il numero dei giornalisti supera quello dei lavoratori: dei 3200 impiegati del call-center, solo qualche decina è scesa ad ascoltare gli interventi, mentre chi lascia via Lamarro dopo aver concluso la giornata di lavoro, dribbla le telecamere e le domande, rifiutando di lasciare qualsiasi dichiarazione. "Terrorismo psicologico", accusano gli organizzatori.

La vertenza è cominciata un anno fa, quando è stato inviato un esposto alla Direzione Provinciale del lavoro su iniziativa di 50 impiegati del call-center. I lavoratori lamentano un contratto flessibile privo di tutele, il cui guadagno si conosce solo a fine mese e che non supera i 500/600 euro. Senza ferie, senza malattie né maternità pagate.

"Come hanno potuto constatare gli ispettori, per le modalità operative in atto, i contratti a progetto instaurati sono tutti da considerare lavoro subordinato - dichiara Salvatore Barbato, ex-dipendente - Si tratta di contratti incoerenti persino con la legislazione vigente, la forma contrattuale applicata è illegale. Eppure, a seguito di quel esposto, ci sono stati quattro licenziamenti e 300 contratti non rinnovati. Qualcuno che invece è rimasto, si è ritrovato in busta paga stipendi da 4 euro, 15 euro". Motivazione dei licenziamenti è stata la "lesione del vincolo fiduciario posto alla base del contratto di collaborazione", come sostiene l'Atesia.

Claudio, che ha superato i 30 anni d'età, fa il punto sui "desaparecidos" dei call center. "La gente scompare da un giorno all'altro, o perchè licenziata o perché il contratto scaduto non viene rinnovato - afferma - accade anche a chi lavora da anni in questa azienda. Aspettiamo il 31 agosto, quando scadranno gran parte dei contratti".
Paola, da due anni dipendente, commenta. "Ho appena saputo che una mia collega che lavorava qui da 7 anni, oggi non si è vista rinnovare il contratto. Siamo privi di qualsiasi garanzia, anche i sindacati non tutelano". E proprio i sindacati sono stati oggetto di pesanti accuse, indicati come "il principale ostacolo da superare".

Intanto, per il 9 settembre è stata organizzata una grande manifestazione nazionale che coinvolgerà tutti i lavoratori dei call-center d'Italia. Arriveranno da Milano e da Catania, da Cagliari e da Livorno. All'istituto romano Galilei di Viale Manzoni si ritroveranno i dipendenti dell'Atesia insieme a quelli della Tim, della Telecom, dell'Acea e dell'Alitalia.

Rapporti umani e tempi stretti

Call center: "Ecco la mia vita al telefono"

"E’ pesante, sei sempre al telefono. Parli, metti giù, e subito c'è un'altra telefonata. Sono rarissimi i momenti liberi. E poi non tutti quelli che ti telefonano sono gentili. Tu, invece, anche dopo qualche ora devi essere gentile e professionale, e non è sempre facile. Ancor meno facile se prendi, come me, 5,40 euro netti all'ora". Luca, 24 anni, mestrino, ha lavorato in un call center per nove mesi.

Luca: «Io rispondo per quel prodotto». Cinque ore al giorno a rispondere al telefono per fare da tramite fra un'azienda che ha fornito un prodotto in tutt'Italia e i suoi clienti che quel prodotto stanno usando. C'è chi chiama perché ha bisogno di chiarimenti, chi si lamenta di malfunzionamenti, chi ha bisogno di manutenzione...
Cuffietta con microfono, tastiera e monitor: non serve molto altro a Luca, e neanche alla trentina di suoi colleghi del call center. In gran parte studenti universitari, ragazze e ragazzi in cerca - come Luca - di raggranellare un po' di euro per sostenersi negli studi o per pagarsi una vacanza e il "cell".

Le più deboli? Le telefoniste di mezz’età. Ma ci sono anche parecchie signore, donne sulla quarantina ma anche sui cinquanta; spesso sono separate e divorziate, e perciò improvvisamente bisognose di un reddito che prima garantiva loro il marito. Sono loro, le donne di mezz'età, la fetta più debole del personale di un call center: sono quelle che temono di perdere anche quel posticino e i 6-700 euro che possono portare a casa in un mese. L'alternativa, per loro, sta nelle pulizie; e forse non è un'alternativa da buttar via, visto che una colf prende tranquillamente sugli 8-9 euro netti (se è in nero) all'ora.

«Ma c’è spazio per buoni rapporto umani». Ma cosa c'è di bello, se qualcosa c'è, nel lavorare in un call center? «I rapporti con i colleghi: prima o dopo il tuo tempo al telefono, conosci tante persone». Per uno studente universitario può bastare: è solo un'esperienza. Ma dopo?

Giorgio Malavasi

Tratto da Gente Veneta , no.32 del 2006