
Ancora una volta il mensile aziendale “Gente che… contact” delude le aspettative.
Ancora una volta, gli editoriali lasciano trasparire una politica aziendale “populista” nei confronti degli operatori, senza tralasciare le consuete lagne per la difficile situazione che riguarda in questo periodo tutti i competitors del settore (quelli che vogliono salvaguardare la “qualità”), non dimenticando i recenti “incidenti di percorso” che hanno rallentato il normale cammino di Datacontact. Eppure, ancora non si desidera che chi presta il proprio lavoro sappia effettivamente cosa succede ai “piani alti”.
Nessun cenno sulle reali intenzioni dell’azienda: tutto è rimandato ad una probabilità, ad un “eventualmente”, alla possibilità del rinnovo di commessa. Con le solite rassicurazioni sul futuro radioso che attende l’azienda, se solo riusciremo a mantenere il clima sereno e familiare che ci ha sempre contraddistinti.
A proposito di clima sereno, a me viene in mente il caos del 2 maggio!
E così siamo costretti ad attendere l’esame della prima busta-paga per renderci conto di cosa ci aspetta.
Una disamina più attenta sui singoli articoli del “periodico che…contact” la faremo più in là, in appositi post.
Intanto, sul nostro blog sono fioccati commenti a proposito e a sproposito.
Quasi a scongiurare il pericolo che uno spazio aperto al confronto potesse degenerare in una sorta di “presa della Bastiglia” nostrana, si sono registrati interventi più o meno scomposti, tesi a imbavagliare la critica anti-aziendale.
Non sono mancati, per fortuna, anche inviti al dialogo e confronti duri, ma sempre orientati alla chiarezza.
Purtroppo, tutto ciò continua a mancare su quello che avrebbe dovuto fungere da strumento principe della “comunicazione” in azienda.
Strano che non ci sia neppure un trafiletto firmato dal celeberrimo “uomomaskerato”.
Siamo sicuri che un suo diretto intervento sul “monoaurale” paper aziendale non susciterebbe lo stesso fervore registrato sul blog? Peccato che continui a firmarsi col suo vero nome nei corsivi su carta patinata e, contemporaneamente, abbia deciso di non scrivere più sugli appositi spazi telematici che offriamo liberamente a tutti i collaboratori (ed ex) dell’azienda.
Che bisogno c’è, dunque, di nascondersi dietro una maschera?
Nascondere la propria identità lo si fa principalmente per due motivi:
Ancora una volta, gli editoriali lasciano trasparire una politica aziendale “populista” nei confronti degli operatori, senza tralasciare le consuete lagne per la difficile situazione che riguarda in questo periodo tutti i competitors del settore (quelli che vogliono salvaguardare la “qualità”), non dimenticando i recenti “incidenti di percorso” che hanno rallentato il normale cammino di Datacontact. Eppure, ancora non si desidera che chi presta il proprio lavoro sappia effettivamente cosa succede ai “piani alti”.
Nessun cenno sulle reali intenzioni dell’azienda: tutto è rimandato ad una probabilità, ad un “eventualmente”, alla possibilità del rinnovo di commessa. Con le solite rassicurazioni sul futuro radioso che attende l’azienda, se solo riusciremo a mantenere il clima sereno e familiare che ci ha sempre contraddistinti.
A proposito di clima sereno, a me viene in mente il caos del 2 maggio!
E così siamo costretti ad attendere l’esame della prima busta-paga per renderci conto di cosa ci aspetta.
Una disamina più attenta sui singoli articoli del “periodico che…contact” la faremo più in là, in appositi post.
Intanto, sul nostro blog sono fioccati commenti a proposito e a sproposito.
Quasi a scongiurare il pericolo che uno spazio aperto al confronto potesse degenerare in una sorta di “presa della Bastiglia” nostrana, si sono registrati interventi più o meno scomposti, tesi a imbavagliare la critica anti-aziendale.
Non sono mancati, per fortuna, anche inviti al dialogo e confronti duri, ma sempre orientati alla chiarezza.
Purtroppo, tutto ciò continua a mancare su quello che avrebbe dovuto fungere da strumento principe della “comunicazione” in azienda.
Strano che non ci sia neppure un trafiletto firmato dal celeberrimo “uomomaskerato”.
Siamo sicuri che un suo diretto intervento sul “monoaurale” paper aziendale non susciterebbe lo stesso fervore registrato sul blog? Peccato che continui a firmarsi col suo vero nome nei corsivi su carta patinata e, contemporaneamente, abbia deciso di non scrivere più sugli appositi spazi telematici che offriamo liberamente a tutti i collaboratori (ed ex) dell’azienda.
Che bisogno c’è, dunque, di nascondersi dietro una maschera?
Nascondere la propria identità lo si fa principalmente per due motivi:
1) poter dire ciò che si vuole senza tema di ritorsioni dirette.
Allora, dorma pure sonni tranquilli e mascherati. Non perderemmo mai tempo nell’attuare la morale della favola di Esopo “L’aquila e lo scarabeo”.
2) amplificare l’eco delle sue comunicazioni, approfittando dell’effetto “spersonalizzante” che solo una maschera può fornire.
In tal caso è opportuno ciò che si leggerà in appresso.
Dato che in più occasioni ha ribadito di preferire i “fatti” alle parole, proviamo a stuzzicarlo un po’, magari il prossimo numero di “Topolino che..contact” riporterà articoli un po’ più personali; opinabili o meno, ma sempre ottimi per una serena e pacata discussione che tale voglia definirsi.
Allo scopo, riportiamo un interessante analisi su vari passi de “L’interpretazione dei sogni” di Sigmund Freud (1899).
E chissà che il nostro Pëtr Petrovič Lužin in maschera non venga allo scoperto.
**Già nella Interpretazione dei sogni (1899) Freud aveva mostrato - in maniera estremamente brillante e suggestiva - l'azione dei contenuti rimossi nell'inconscio. L'antichità classica aveva visto nei sogni delle profezie, la scienza dei tempi di Freud li aveva abbandonati alle superstizioni. Ma Freud li ha voluti portare all'interno della scienza: "Sembrava assolutamente impossibile che qualcuno, il quale avesse compiuto seri lavori scientifici, potesse rivelarsi poi un "interprete di sogni". Non tenendo però conto di una tale condanna del sogno; considerandolo invece come un sintomo nevrotico incompreso, alla stessa guisa di un'idea delirante o ossessiva; prescindendo dal suo contenuto apparente e, infine, facendo oggetto della libera associazione ciascuno dei suoi diversi elementi, si giunge ad un risultato del tutto diverso". Il risultato fu che nel sogno c'è un contenuto manifesto" (quello che si ricorda e si racconta quando ci si sveglia) e un "contenuto latente" (quel senso del sogno che l'individuo non sa riconoscere: "ma, dove va la testa!").
Ebbene, proprio questo contenuto latente "contiene il vero significato del sogno stesso, mentre il contenuto manifesto non è altro che una maschera, una facciata ". (...) Lo psicoanalista è anche, e spesso soprattutto, un "interprete dei sogni; deve rifare il cammino verso il contenuto latente del sogno, contenuto "sempre pieno di significato" a partire dal contenuto manifesto spesso del tutto insensato. La tecnica analitica, per mezzo di libere associazioni, "permette di individuare ciò che è nascosto". E nelle radici nascoste dei sogni noi troviamo impulsi rimossi che il sogno, data la diminuita vigilanza esercitata dall'io cosciente durante il sonno, cerca di soddisfare: "Il sogno (...) costituisce la realizzazione di un desiderio", di un desiderio che la coscienza reputa magari vergognoso e che "è proclive a ripudiare con stupore o con indignazione". In conclusione: "il sogno è la realizzazione (maschera) di un desiderio (rimosso)".
(…) I sogni sono completamente egoistici. Ogni volta che il mio io non appare nel contenuto del sogno, ma c'è solo qualche sconosciuto, posso ritenere con sicurezza che il mio io si cela mediante l'identificazione con questa persona; posso inserire il mio io nel contesto. Altre volte, quando il mio io appare nel sogno, la circostanza in cui appare può farmi capire che c'è qualche altra persona nascosta dietro di me per identificazione. In tal caso il sogno dovrebbe ammonirmi di trasferire su me stesso, durante l'interpretazione, l'elemento comune nascosto, che si riferisce a quella persona. Ci sono dei sogni in cui il mio io appare insieme ad altre persone, che, quando si risolve l'identificazione, risultano essere di nuovo il mio io. Grazie a queste identificazioni dovrei quindi essere in grado di portare il mio io a contatto con determinate idee la cui accettazione è stata proibita dalla censura. Quindi il mio io può essere rappresentato in un sogno parecchie volte, ora direttamente, ora mediante la identificazione con persone estranee.
Molto spesso l'inversione viene impiegata proprio nei sogni che sorgono da impulsi omosessuali repressi. I commenti su un sogno, o le osservazioni apparentemente ingenue, spesso servono a mascherare una parte di quanto si è sognato nella maniera più sottile; ma in realtà la tradiscono.**
Allora, dorma pure sonni tranquilli e mascherati. Non perderemmo mai tempo nell’attuare la morale della favola di Esopo “L’aquila e lo scarabeo”.
2) amplificare l’eco delle sue comunicazioni, approfittando dell’effetto “spersonalizzante” che solo una maschera può fornire.
In tal caso è opportuno ciò che si leggerà in appresso.
Dato che in più occasioni ha ribadito di preferire i “fatti” alle parole, proviamo a stuzzicarlo un po’, magari il prossimo numero di “Topolino che..contact” riporterà articoli un po’ più personali; opinabili o meno, ma sempre ottimi per una serena e pacata discussione che tale voglia definirsi.
Allo scopo, riportiamo un interessante analisi su vari passi de “L’interpretazione dei sogni” di Sigmund Freud (1899).
E chissà che il nostro Pëtr Petrovič Lužin in maschera non venga allo scoperto.
**Già nella Interpretazione dei sogni (1899) Freud aveva mostrato - in maniera estremamente brillante e suggestiva - l'azione dei contenuti rimossi nell'inconscio. L'antichità classica aveva visto nei sogni delle profezie, la scienza dei tempi di Freud li aveva abbandonati alle superstizioni. Ma Freud li ha voluti portare all'interno della scienza: "Sembrava assolutamente impossibile che qualcuno, il quale avesse compiuto seri lavori scientifici, potesse rivelarsi poi un "interprete di sogni". Non tenendo però conto di una tale condanna del sogno; considerandolo invece come un sintomo nevrotico incompreso, alla stessa guisa di un'idea delirante o ossessiva; prescindendo dal suo contenuto apparente e, infine, facendo oggetto della libera associazione ciascuno dei suoi diversi elementi, si giunge ad un risultato del tutto diverso". Il risultato fu che nel sogno c'è un contenuto manifesto" (quello che si ricorda e si racconta quando ci si sveglia) e un "contenuto latente" (quel senso del sogno che l'individuo non sa riconoscere: "ma, dove va la testa!").
Ebbene, proprio questo contenuto latente "contiene il vero significato del sogno stesso, mentre il contenuto manifesto non è altro che una maschera, una facciata ". (...) Lo psicoanalista è anche, e spesso soprattutto, un "interprete dei sogni; deve rifare il cammino verso il contenuto latente del sogno, contenuto "sempre pieno di significato" a partire dal contenuto manifesto spesso del tutto insensato. La tecnica analitica, per mezzo di libere associazioni, "permette di individuare ciò che è nascosto". E nelle radici nascoste dei sogni noi troviamo impulsi rimossi che il sogno, data la diminuita vigilanza esercitata dall'io cosciente durante il sonno, cerca di soddisfare: "Il sogno (...) costituisce la realizzazione di un desiderio", di un desiderio che la coscienza reputa magari vergognoso e che "è proclive a ripudiare con stupore o con indignazione". In conclusione: "il sogno è la realizzazione (maschera) di un desiderio (rimosso)".
(…) I sogni sono completamente egoistici. Ogni volta che il mio io non appare nel contenuto del sogno, ma c'è solo qualche sconosciuto, posso ritenere con sicurezza che il mio io si cela mediante l'identificazione con questa persona; posso inserire il mio io nel contesto. Altre volte, quando il mio io appare nel sogno, la circostanza in cui appare può farmi capire che c'è qualche altra persona nascosta dietro di me per identificazione. In tal caso il sogno dovrebbe ammonirmi di trasferire su me stesso, durante l'interpretazione, l'elemento comune nascosto, che si riferisce a quella persona. Ci sono dei sogni in cui il mio io appare insieme ad altre persone, che, quando si risolve l'identificazione, risultano essere di nuovo il mio io. Grazie a queste identificazioni dovrei quindi essere in grado di portare il mio io a contatto con determinate idee la cui accettazione è stata proibita dalla censura. Quindi il mio io può essere rappresentato in un sogno parecchie volte, ora direttamente, ora mediante la identificazione con persone estranee.
Molto spesso l'inversione viene impiegata proprio nei sogni che sorgono da impulsi omosessuali repressi. I commenti su un sogno, o le osservazioni apparentemente ingenue, spesso servono a mascherare una parte di quanto si è sognato nella maniera più sottile; ma in realtà la tradiscono.**