giovedì 25 ottobre 2007

Gare al ribasso, allarme in rialzo!

Quanto analizzato da Giannino e riportato nel post precedente "sanatoria flop", per chi se lo fosse perso, era stato anticipato da queste allarmate dichiarazioni di SLC-CGIL:

“Il principale intervento portato avanti finora dal Governo e sostenuto dalle parti sociali, contro la precarieta’ (la stabilizzazione dei co.co. pro nei call center) rischia di risolversi in un flop clamoroso”. E’ l’allarme lanciato da Slc-Cgil. “Una parte significativa dei circa 18 mila ragazzi e ragazze - ha spiegato Alessandro Genovesi, segretario nazionale Slc-Cgil - la maggior parte giovani donne del Centro e Sud Italia, che lavorano nei call center e che sono stati stabilizzati, anche grazie all’azione sindacale e a specifici incentivi previsti dall’ultima legge Finanziaria, e’ oggi a rischio”. Secondo Genovesi sono due le ragioni: “Da un lato le ispezioni che dovevano colpire le imprese che non si fossero messe in regola faticano a partire, e pochissime sono le imprese piene di lavoratori a progetto che hanno ricevuto la visita degli ispettori. Dall’altro - continua Genovesi -, ed e’ l’aspetto piu’ grave, i grandi committenti e le grandi aziende continuano a praticare gare al massimo ribasso, molto al di sotto dei minimi contrattuali. In particolare le stesse Pubbliche Amministrazioni e numerose aziende pubbliche (controllate dallo Stato o dagli Enti Locali), anche in questi giorni, stanno assegnando commesse a imprese di call center in outsourcing a un valore orario molto inferiore rispetto al costo di un’ora di lavoro di un lavoratore subordinato”. Il sindacalista invita dunque sia il Governo nazionale che locale, “a intervenire a questo punto con urgenza e fermezza, affinche’ tra qualche mese non si venga a realizzare l’ennesima beffa a danno dei lavoratori piu’ deboli del nostro mercato del lavoro. Non vorremmo - conclude - che alla fine il principale intervento concreto contro la precarieta’ messo in campo finora dal legislatore possa divenire un boomerang, dando ai tanti giovani precari presenti nel paese un messaggio dirompente: cioe’ che non vi sia alla fine una volonta’ reale (o una capacita’) di combattere la moderna piaga del lavoro senza diritti e tutele”. Genovesi annuncia sin dalle prossime settimane mobilitazioni del sindacato.

fonte AGenzia Italia, 11/8/07


Teledue? Teledò!

Telecom Italia, da "vittima" a "diffidata" (sic). Ma dai...anche mentre mangiamo chiamano...

Quante volte abbiamo ricevuto telefonate indesiderate da operatori di call center? Il Tribunale Civile di Roma ha posto un freno alle chiamate out-bound. Chi non ha dato il consenso a ricevere questo tipo di contatti pubblicitari, non può essere "perseguitato". Nell'ordinanza emessa il 27 luglio scorso, si stabilisce che Wind e Tele2 hanno violato la privacy di migliaia di italiani. Con lo stesso provvedimento si vieta a Telecom, autrice della denuncia (!), di inviare moduli prestampati di clienti che non desiderano ricevere pubblicità via telefono. Soddisfazione è stata espressa da Federconsumatori, la quale invita l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ad avviare controlli.
L'associazione chiede all'Authority di "fare immediatamente un'indagine e sanzionare tutti i comportamenti scorretti, i consumatori italiani sono stanchi di ricevere centinaia di telefonate non desiderate. Federconsumatori approva inoltre l'intervento in materia da parte dell'Autorità Garante della Privacy, la quale ha stabilito importanti misure in tutela degli utenti, imponendo lo stop alle telefonate indesiderate dei call center entro il 10 settembre".

fonte helpconsumatori 8/8/07

mercoledì 24 ottobre 2007

I panni sporchi si lavano in famiglia

Nessun vantaggio di business con i call center offshore

Dopo l'articolo già pubblicato ieri su cosa pensano gli utenti dei call center, è interessante scoprire i dati di una ricerca che riguarda il punto di vista aziendale e in particolare un aspetto molto spinto nel settore: la delocalizzazione in outsourcing del servizio.
Le compagnie di assicurazione inglesi stanno minando i rapporti con i loro clienti e non riescono a risparmiare delocalizzando le attività di call center: questa la conclusione di uno studio condotto da Compass Management Consulting.
L'analisi effettuata da Compass sugli ambienti onshore e offshore evidenzia come aumenti nel costo del personale pari al 15% l’anno in paesi come ad esempio l'India, stiano riducendo i vantaggi dei call center offshore.
Tutte le aziende di servizi finanziari dovrebbero porsi alcune semplici domande prima di decidersi a favore dell’offshore: “Quali sono i driver per un call center efficiente e quale il costo di mercato di un call center che contribuisca a mantenere o addirittura incrementare la competitività di un’azienda?”, ha dichiarato Simon Scarrott, head of business development e marketing di Compass.
“Per risolvere i problemi operativi e l’inefficienza dei processi non basta semplicemente trasferirli in altri paesi nella speranza che migliorino. Il punto chiave è in che misura il risparmio è reale, sostenibile e contribuisca a migliorare l’esperienza del cliente. In troppi casi la qualità del servizio viene compromessa proprio da una decisione di offshoring che non riesce ad assicurare il livello di risparmio previsto”, ha continuato Scarrott.
Oltre alla scarsa qualità del servizio che i clienti segnalano in caso di call center offshore, le difficoltà di lingua riducono la produttività e allungano notevolmente le chiamate che durano anche il doppio di quelle locali. Secondo lo studio condotto da Compass, i problemi legati alla comprensione si verificano mediamente solo nel 4% delle chiamate ai call center onshore.
Per i call center offshore questo dato sale al 18% e ognuno di questi intoppi può prolungare la chiamata dal 39% al 105% oltre la media. La durata delle chiamate influisce negativamente sulla produttività quando si paragona l’attività onshore e offshore in termini di vendite.

Salari ridotti non sono sufficienti per garantire risparmi sul lungo termine.
Secondo Compass, i risparmi legati a salari più bassi stanno sparendo con l’aumento dei costi offshore, miglioramenti ai processi non avvengono e le operazioni risultano scarsamente produttive. In uno studio Compass nel quale si misuravano le prestazioni degli operatori del call center in termini di numero medio di vendite, il dato dell’offshore era pari a 4 vendite al mese contro le 10 dell’onshore.
“La gamma di zone che si promuove quale località per l’outsourcing è impressionante. Cina, India, Irlanda, Malta e Sud Africa hanno attualmente campagne di marketing in corso. Ma per le società di servizi finanziari la qualità del customer service è un indicatore chiave del marchio, così come un’opportunità per incrementare il fatturato e i profitti attraverso la fidelizzazione del cliente e attività di cross-selling. Tralasciare questi elementi per adottare una strategia di operatività in paesi lontani non ha alcun senso”, prosegue Scarrott.
Invece di domandarsi “Quale paese è adatto per il nostro call center?”, Compass suggerisce alle aziende di chiedersi:
· Che cosa funziona nel nostro call center e che cosa dobbiamo sistemare?
· Come ci posizioniamo rispetto alla miglior azienda del settore in termini di call center?
· Che cosa possiamo imparare sull’efficienza del call center da altri settori?
Solo allora la località diventa importante.
Dotati delle risposte a tali domande e con un piano di miglioramento dei processi in essere, è possibile valutare quali parti dell’operazione possono essere date in outsourcing in maniera efficace. L'analisi mostra che si tratterà molto raramente di processi customer-facing per le società di servizi finanziari.
Analisi Compass su oltre 50 call center mostrano che i vantaggi in termini di costi legati all’offshoring diminuiscono in maniera significativa su un arco temporale di 3 anni rispetto a un ambiente onshore in cui viene implementata un’iniziativa di miglioramento.
Rimpatrio in seguito a insoddisfazione dei clienti e costi di lungo termine più elevati
Accelerare una decisione di offshoring sulla base di costi a breve termine può in realtà generare un duplice problema: insoddisfazione del cliente e costi di lungo termine più elevati. A mano a mano che le aziende si confrontano con questa realtà, si verifica un rimpatrio delle attività di call center da parte di molte aziende di fama internazionale che hanno compreso e misurato la produttività del call center, così come i danni al marchio prodotti dall’offshore.
Compass concorda che un approccio ‘Lift and Shift’ in cui un call center nel Regno Unito viene chiuso e l’attività trasferita offshore può assicurare un piccolo risparmiotipicamente fino al 15% nel breve periodo.
Il Ceo di Swinton critica l’offshoring
Compass punta il dito su Swinton, assicurazione di Manchester, dove i profitti stanno crescendo del 26% e le polizze del 31% ogni anno, come esempio di società che considera il proprio call center e il suo personale un vantaggio competitivo. Swinton misura il successo sulla base della crescita del business piuttosto che sulla riduzione dei costi e Patrick Smith, CEO della società, commenta:
“L’offshoring è il risultato di un’azienda guidata da contabili ed è un modo semplice di tagliare i costi senza tener conto della qualità del servizio. I nostri clienti sono contrari e abbiamo visto anche aziende quali Norwich Union cambiare idea sull’outsourcing”.
Smith conferma che le attività nel Regno Unito rappresentano un punto di forza per Swinton: “E’ uno degli elementi vincenti, siamo nel sesto anno di crescita consecutivo e abbiamo raddoppiato le polizze negli ultimi 5 anni”.

sabato 20 ottobre 2007

La posta in gioco

Spunti interessantissimi.
Pensate un pò a quante volte i clienti ci hanno detto di non aver ricevuto risposta alle loro email. Davvero impressiona poi pensare quanto sono, almeno stando a questo interessante rapporto, ben più tecnologizzati di come noi li percepiamo (salvo casi pietosi in cuffia, s'intende).
Per comunicare con i contact center 9 italiani su 10 preferiscono l'e-mail. Lo dice una ricerca di Genesys.
Il sondaggio della filiale di Alcatel rivela che il servizio clienti rappresenta un elemento fondamentale per la profittabilità e la soddisfazione, con oltre il 75% degli intervistati che conferma di essere disposto a servirsi di una determinata azienda dopo aver avuto un'esperienza positiva con il suo contact center. Oltre il 63% gli intervistati dichiara che, l'ultima volta che ha smesso di rivolgersi a una determinata azienda, anche l'esperienza negativa avuta con il contact center ha pesato sulla decisione.
I dati italiani (tratti dalle risposte di 228 utenti) si allineano alle tendenze emerse dalla ricerca a livello globale. Spicca il dato secondo cui l'e-mail risulta essere il mezzo di comunicazione preferito con il contact center. Il 92% dei nostri connazionali intervistati ha indicato la posta elettronica come lo strumento ideale per comunicare con il contact center. Il telefono piace al 69% della popolazione.
Per quanto riguarda il potenziale impatto delle esperienze di contact center sulla scelta di servirsi o meno di una determinata azienda, l'84% dei consumatori italiani dice che potrebbe pensare di servirsi presso un'azienda sulla base di un'esperienza positiva con il contact center. E per il 23% degli intervistati questo varrebbe anche se i prezzi della nuova azienda fossero più alti della media. D'altro canto, il 58% ha indicato un'esperienza negativa di contact center tra le ragioni che li ha spinti a smettere di servirsi di un'azienda, mentre per il 40% questa è stata l'unica ragione dell'abbandono.
I tempi di attesa rimangono una notevole fonte di insoddisfazione: il 93% preferirebbe essere richiamato nell'arco di dieci minuti piuttosto che restare a lungo in attesa, e il 74% gradirebbe poter esercitare questa opzione una volta in linea, nel momento in cui i tempi si allungano oltre il desiderato. Il fatto che l'operatore possa trasferire la loro chiamata non sembra rappresentare un problema: il 92% accetterebbe volentieri di parlare con un secondo operatore nella stessa telefonata, a patto che questo possa permettere loro di ottenere risposta in modo più veloce o efficace.
I motivi di insoddisfazione sono gli stessi di sempre: il 63% degli utenti è insoddisfatto per i tempi di attesa troppo lunghi; il 48% dal fatto di non riuscire ad ottenere risposte corrette o complete; il 47% infine, è disturbato dalla scarsa gentilezza degli operatori telefonici.
Nel 2003 Genesys effettuò il proprio primo studio sulla “customer frustration”, poi ripetuto nei quattro anni successivi. In generale, i principali motivi di insoddisfazione sono rimasti gli stessi: lunghi tempi di attesa (il 67% del campione si lamenta della durata dei tempi di attesa, e l'88% preferirebbe essere richiamato nel giro di 10 minuti piuttosto che dover aspettare a lungo in linea); scarsa automazione (il 57% ritiene che i sistemi di risposta automatica vocale offrano un numero di opzioni troppo elevato o non completo, e il 76% pensa che le aziende spingano gli utenti a utilizzare i sistemi self-service piuttosto che dare loro l'opportunità di parlare con un operatore; Informazioni ripetute (il 52% è disturbato dal fatto di dover ripetere più volte le stesse informazioni).
Secondo gli intervistati, un modo per rendere l'esperienza più positiva sarebbe eliminare i principali elementi di insoddisfazione. Ad esempio, il sondaggio rivela che con all'introduzione di un'opzione di call-back nel sistema Ivr le aziende potrebbero eliminare le lunghe attese. Infatti, piuttosto che aspettare in linea, il 74% dei consumatori preferirebbe essere richiamato in tempi ragionevoli.
Complessivamente, gli europei sono 10 volte più interessati a ricevere sms rispetto agli americani (21% in Europa e 2% negli Stati Uniti). Sono invece oltre il 28% i consumatori americani che desiderano funzionalità di instant messaging contro il 19% degli europei.

giovedì 18 ottobre 2007

Anche per gli Outbound: ccnl da subordinati e telecomunicazioni

Quante cose da imparare dalla Sicilia...e poi si dice che più si scende al Sud e più la situazione peggiora. E' sufficiente confrontare quest'ultima notizia con la relativa situazione di Datacontact per rendersi conto del contrario!

Stabilizzazione per tutti i 600 lavoratori del call center “4U” servizi spa, che ha sede a Palermo in via Ugo La Malfa. L’accordo e’ stato siglato alla presenza di Cgil, Cisl e Uil, dei sindacati di categoria e dei rappresentanti dell’azienda. Presenti i rappresentanti nazionali di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uil Com Uil Alessandro Genovesi, Raffaella Di Rodi e Giorgio Serao, e le categorie del commercio Filcams, Fisascat e Uiltucs. Il call center, che svolge attivita’ di teleselling in outsourcing e che occupa piu’ di 600 lavoratori, di cui 127 dipendenti da poco assunti a tempo indeterminato e altri 510 Lap, con l’ipotesi di accordo sottoscritta si impegna ad avviare un processo di trasformazione dei contratti di lavoro a progetto in rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato in un arco di tempo che va dal primo quadrimestre del 2008 al secondo del 2009. L’accordo prevede che a partire dal primo gennaio 2008 ogni quadrimestre verra’ assunto uno scaglione pari al 20 per cento dei lavoratori. Il secondo gruppo sara’ stabilizzato nel secondo quadrimestre 2008 e via cosi’ fino all’ultimo gruppo di lavoratori, che saranno assunti nel secondo quadrimestre del 2009.“E’ un accordo importantissimo, perche’ segna un passo in avanti per il superamento della precarieta’ - dice Maurizio Cala’, segretario generale della Cgil di Palermo - il sindacato sta facendo di tutto per superare le condizioni di precarieta’ anche se il governo deve intervenire sulle leggi che regolano il mercato del lavoro con una riforma che abolisca le forme improprie di lavoro precario. E necessario continuare sul fronte del riordino del settore dei call center, dove ci sono ancora troppe aree di ‘lavoro grigio’”. “Saranno stabilizzati tutti i lavoratori in blocco, al di la’ del fatto di essere inbound o outbound, secondo criteri oggettivi come l’anzianita’ di disoccupazione - aggiunge Vito Ciulla, della segreteria Cgil di Palermo - i Lap del call center provengono dalla categoria del commercio e saranno inquadrati nel settore delle telecomunicazioni”. Per Rosario Faraone, segretario della Slc Cgil di Palermo, “l’accordo ha una forte rilevanza perche’ consente di avviare la stabilizzazione nel secondo call center per importanza della citta’ dopo quello Cos del gruppo Almaviva. Si tratta tra l’altro di un call center in crescita, che ha di recente acquisito una nuova commessa Wind”.

(AGI 21.9.2007)

mercoledì 17 ottobre 2007

Ordine per i Callcentristi (!)

Oramai che si creano Ordini (e connessi ostacoli) anche per fare i lavavetri...accontenteremmo qualcuno forse se creassimo questo ennesimo "Ordine"... inserendolo nel più generale "Ordine dei Precari", come suggerisce Bruno Ugolini?
Lo stesso discorso si potrebbe estendere ai callcentristi, ovverosia quelle migliaia di ragazze e ragazzi che affollano i Call Center. Gente che magari non risponde alle vostre impellenti richieste telefoniche, con modi altamente signorili, ispirati dal galateo di Monsignor Della Casa. La ricetta è pronta: sarà formato l'Ordine dei Callcentristi.

martedì 16 ottobre 2007

Meglio la job della ball rotation

Quante volte avevamo pensato alla job rotation...ma ahimè...ci è rimasto solo lo stress! Talvolta sarebbe tempo di farlo presente nelle sedi opportune. E qualche rara volta si riesce pure a spuntarla.
Riccardo Ruggiero forse alla fine dell'anno non sarà più amministratore delegato con piene deleghe operative di Telecom Italia ma, prima di chiudere la sua esperienza come massimo responsabile del più importante gestore telefonico italiano, rischia una multa e forse sanzioni penali per aver violato le leggi sulla sicurezza del lavoro.
Infatti, a seguito di un esposto presentato dai sindacati confederali Cgil-Cisl-Uil del settore delle Telco, contro Telecom Italia, per una grave situazione di disagio lavorativo degli operatori dei call center, soprattutto quelli al 187, consistente in ritmi, controlli e altro, giudicati insopportabili. L'Asl di Torino ha effettuato i controlli previsti e ha rilevato come non solo l'esposto fosse motivato, ma vi fosse una situazione di grave stress diffuso, oltre alla situazione evidenziata dai sindacati.
Per questo a Ruggiero è stata contestata l'infrazione rispetto alla 626 con le sanzioni previste per legge. Nella prossima settimana è previsto a Roma un incontro dei rappresentanti della direzione generale di Telecom con le rappresentanze nazionali del sindacato per discutere ed assumere provvedimenti, come la job rotation (cioè la rotazione del personale su più mansioni, anche diverse dal lavoro di risposta) per mettere in regola i call center rispetto alle violazione di legge che sono state riscontrate.

lunedì 15 ottobre 2007

La cultura visibile di tim



Se ricordate il 4.6.07 (data infame, come saprete) pubblicavamo una lista di libri consigliati tra cui ce n'era uno con studio sul caso tim, abbastanza interessante. Ora potete acquistare online una recentissima tesi di laurea di Linda Forno, laureata allo IULM, su tesionline

Dall'abstract estraggo:

Tale studio ha permesso di giungere alla constatazione di come, i dipendenti e in generale i collaboratori dell’azienda abbiamo una forte identificazione con essa, sebbene ciascuno con i propri problemi specifici e le proprie lamentele. Si è riscontrata infatti l’esaltazione dell’azienda rispetto ai competitor, sottolineando più volte come Tim si contraddistingua da essi per trasparenza, efficienza, disponibilità e conquista della fiducia degli utenti.
La seconda parte è infatti dedicata all’analisi di un caso aziendale specifico, il caso Tim.
I fondatori generalmente esercitano una notevole influenza nella formazione del gruppo; sia nel momento di affrontare i problemi di adattamento esterno e di integrazione interna, sia nel momento della creazione di soluzioni, la loro concezione sul ruolo dell’organizzazione, la loro storia culturale e la loro personalità, avranno sicuramente un ruolo che condizionerà i risultati.
La terza parte è, infine, dedicata proprio all’analisi delle dinamiche di gruppo, al clima, i ruoli dei membri, lo stile di leadership, individuati durante le sessioni di lavoro ed intesi come creazione di una cultura di appartenenza che portasse alla realizzazione di un compito in ambiente armonioso e di collaborazione.

domenica 14 ottobre 2007

Tutti intorno a te

Quando basta una spiegazione per aderire...
A chi passeggiava per il Corso hanno gridato «passante spegni il cellulare» i lavoratori del call center romano di Vodafone Italia hanno chiesto a chi passeggiava in via del Corso davanti al loro presidio un gesto di solidarietà alla loro causa. Molti passanti sono apparsi confusi ma dopo le spiegazioni dei manifestanti hanno accettato di aderire alla protesta contro la «cessione di 914 lavoratori di cinque call center vodafone» ad una società esterna. Secondo la portavoce dei manifestanti il prossimo 26 settembre ci dovrebbe essere l'incontro tra le parti sociali e i rappresentanti dell'azienda per discutere del futuro dei 914 lavoratori
da il messaggero 22.9.2007 (foto F. Toiati)

sabato 13 ottobre 2007

L'isola che non c'è?

Una multinazionale florida leader nel settore delle Telecomunicazioni, capace di vantare un utile di oltre 4 miliardi e una serie di attività in tutto il mondo. Un'azienda dunque ricca, in attivo, in crescita, che però si dimostra anche pronta a sacrificare personale e diritti nascondendosi dietro vuote formule industriali: cessioni di rami d'azienda o esternalizzazioni, che nella pratica si traducono in vite umane sospese per la fine della sicurezza di un lavoro ma anche di un progetto futuro. Questa è Vodafone, quella della celebre campagna pubblicitaria del "tutto intorno a te", un abbraccio simbolico attorno a un cliente che si vuole coccolare, lisciare, abbindolare sulle spalle però del sacrificio di centinaia di lavoratori. La società delle TLC ha infatti scelto di procedere alla cessione di un ramo d'azienda esternalizzando 914 impiegati del suo call center, i quali saranno dal 1 novembre ceduti alla Comdata, società che offre diversi servizi fra i quali i centralini informativi. Tanto per rendere l'idea, si sta parlando del 20% dei lavoratori del call center e del 10% della forza lavoro nazionale. Una decisione che preoccupa i lavoratori coinvolti perché spesso questo passaggio a terzi finisce per trasformarsi nel sacrificio degli impiegati ceduti, che vedono interrotto il loro contratto o vengono costretti a condizioni di lavoro notevolmente peggiori. Di questa prossima "decapitazione del personale" abbiamo parlato con Roberto Di Palma, Rsu-Cgil della Vodafone di Roma, in prima fila nella battaglia per la difesa dei lavoratori del call center a rischio cessione.
Come ci spiega, il passaggio a Comdata, che collabora per altro da tempo con Vodafone, è un processo assolutamente rischioso perché "sebbene la società abbia sostenuto che lascerà invariati lo stipendio e i diritti dei lavoratori soggetti a questa procedura, noi sappiamo perfettamente che potrebbe avvenire il contrario visto che nel corso degli anni la Comdata certo non si è distinta per la tutela dei diritti dei lavoratori". "Il rischio -ci dice - è che questa cessione di ramo d'azienda possa tradursi molto presto nella trasformazione in un ramo secco, come troppe volte è successo nella storia dell'Italia recente". Cosa potrebbe accadere è abbastanza chiaro del resto: "Vodafone consegna questi 914 lavoratori a Comdata per farle fare il cosiddetto 'lavoro sporco', cioè si offrono i lavoratori ad una società terza e poi, nel giro di due-tre anni, la stessa commessa ti avverte che Vodafone ha trovato un'altra società dove il lavoro costa meno, per cui se vuoi mantenere il tuo posto devi essere licenziato e riassunto la mattina dopo, con il 20% della retribuzione in meno e una decurtazione dei diritti". A rendere ingiustificata l'azione industriale, sottolinea il rappresentante sindacale, è la stessa condizione economica vissuta dalla Vodafone", (si potrebbe ben dire di TIM, nota watchdog) la quale ha ottenuto 4 miliardi e 300 milioni di utili annuali e ha visto trasformato in utile il 50% di quello che ha introitato". Rendendosi conto della debolezza delle proprie argomentazioni, soprattutto se riferite alle condizioni economiche vissute, la Vodafone ha comunque sostenuto che la decisione di esternalizzare i suoi impiegati nascerebbe da una necessità di rispondere, con un contenimento dei costi, alla diminuzione dei margini sul minuto telefonico che si starebbe assottigliando progressivamente. Una motivazione senza fondamento però, perché "nello stesso giorno in cui l'azienda dichiarava l'esternalizzazione di 914 persone con la scusa del dover far cassa, al contempo esponeva un piano industriale che prevede 2500 nuove assunzioni per l'inserimento della società nella rete fissa".
A sostegno della propria scelta, la Vodafone si è appellata alla legge 30 che, come ci spiega Di Palma, "ha consentito una deregolamentazione della cessione di ramo d'azienda. Non a caso si sono avute quattro sentenze della Cassazione che hanno dato ragione ai lavoratori e hanno evidenziato come questa deregolamentazione di cessione cozzerebbe con altre norme. Prima della legge 30 infatti la cessione di ramo d'azienda era maggiormente limitata e vincolata, oggi al contrario per attuarla basta solo il raggiungimento di un accordo tra chi vende e chi compra, il tutto sulla testa degli impiegati".
Ancora una volta, dunque, sono i call center a rappresentare il fanalino di coda nelle condizioni di lavoro, bacino lacunoso e opaco del rispetto dei diritti. Eppure fino ad oggi, pur con tutti i suoi limiti, la Vodafone era stata una piccola isola quasi felice: "negli anni passati - sostiene Di Palma - anche grazie alle nostre lotte sindacali siamo riusciti a strappare condizioni di lavoro superiori rispetto ad altri colleghi impiegati in altri call center. Il panorama legislativo però ci ha impedito di estendere queste nostre conquiste, cosicché oggi siamo noi ad essere assimilati alle condizioni peggiori degli altri lavoratori". Per rispondere a questo, l'unica ricetta secondo Di Palma è che "la lotta dei call center sia globale e coinvolga l'intero settore, non a caso stiamo ricevendo la solidarietà dei lavoratori di altre compagnie, e stiamo ipotizzando uno sciopero del settore delle Tlc". Qualcosa si muove, soprattutto perché "in questi anni si è cominciata a sviluppare una coscienza sindacale (salvo inspiegabili eccezioni, nota watchdog) che ha prodotto risultati importanti: gli scioperi organizzati fino ad oggi hanno avuto un buon esito nel call center. La partecipazione dei colleghi è anche discretamente critica, ma è il sale delle scelte che si prendono. Il problema è che in molti hanno creduto alle lusinghe dell'azienda e quindi questa decisione per loro è stata una vera e propria doccia fredda, che noi speriamo abbia contribuito ad aprire gli occhi rispetto alle condizioni di lavoro vissute da molti impiegati". Molto probabilmente questo velo di maya è già stato lacerato.
da Marzia Bonacci su Aprileonline.info del 24.9.2007

venerdì 12 ottobre 2007

Meglio non in-capo-nirsi

Giornate intere senza accesso a Internet, email da inviare che devono rimanere in bozza, ore e ore in attesa di una risposta del call center, molto stress e discreti danni economici. Questi i mille "servizi" che offrono oggi i provider telefonici ai propri clienti. Non sono poche le mail che giungono alla nostra redazione da consumatori scontenti, spesso adirati nei confronti del loro provider per guasti alla linea telefonica. Prima indiziata, ma forse è normale essendo il gestore più potente nel nostro paese, è Telecom Italia.
L'ultimo caso, decisamente paradossale, è quello della SolarSpot. Un'azienda che è fiore all'occhiello dell'innovazione varesina, Medaglia d'Oro per l'Innovazione al Batimat di Parigi e con clienti in Martinica, Giappone, Russia, America e tutta Europa. Bene, da ben tre giorni la SolarSpot non esiste, non può contattare nessuno. Perchè? Per un guasto alla linea Adsl.
Difficile quantificare il danno economico ricevuto da un'azienda del genere, ma anche chi usa Internet a scopo personale, magari a tariffa flat, subisce dei danni economici. Come ottenere un risarcimento? Per capirlo abbiamo parlato con l'avvocato Tommaso Gervasini, dell'equipe legale del Movimento Consumatori di Varese. Per prima cosa ci ha dato un consiglio validissimo: non incaponitevi con i call-center. «Meglio lasciare perdere i call center e inoltrare subito un reclamo in forma scritta», assicura Gervasini, «Facendo una richiesta scritta è più facile che il nostro problema finisca nelle mani di una persona competente, mentre non è detto che al telefono risponda qualcuno con il titolo e la capacità di risolvere una problematica del genere». (..)

martedì 9 ottobre 2007

Climattizzazione

Cari amici,
in tempo di terza "indagine di clima" (chiamiamola pure di climaterio, dato che la puntualità richiesta agli operatori aumenta sempre più e dunque sono sempre meno meno...pause), chissà il numero di anonimi e benevoli suggerimenti (come questo di cui siamo venuti a conoscenza) che saranno giunti ai vertici...
Saranno serviti a qualcosa? A vedere gli sviluppi posteriori alla seconda indagine di clima pare che l'effetto contrario sia assicurato!
Buona fortuna.

Un nostro collega ha così scritto (allegandolo all'anonimo questionario):

Il mio suggerimento riguarda la scelta dei team leader, in quanto per la maggior parte della giornata lavorativa si relazionano con noi operatori telefonici.
Noi operatori, generalmente ci conosciamo, in quanto lavoriamo fianco a fianco, ci parliamo, magari ci valutiamo.
Per questo, possiamo contribuire alla scelta di chi in fondo dovrà seguire noi stessi nel lavoro che svolgiamo e quindi il futuro team leader, deve essere scelto tra i migliori operatori.
Praticamente, si potrebbe rispondere ad un questionario anonimo, contenente i nominativi di chi vuol candidarsi a essere un team leader, dove viene valutata la professionalità, la disponibilità, la preparazione, la simpatia del futuro team leader e altri aspetti che possono concorrere alla sua scelta.
Naturalmente, questa deve essere solo una indicazione da parte di noi operatori, in quanto sicuramente la scelta può essere influenzata da altri fattori (amicizie, parentele, ecc.), e quindi il giudizio ultimo e insindacabile deve essere dato da chi di competenza.
Questo, però, credo farebbe sentire più partecipi tutti alle scelte operate dall'azienda e aumenterebbe anche l'interesse di noi che lavoriamo, in quanto coinvolti direttamente nel giudizio di chi in fondo dovrà aiutarci.
Per quanto riguarda i vecchi team leader, suggerisco che, come noi operatori veniamo giudicati con l'ascolto in remoto, così noi possiamo giudicare loro, che ci assistono nel lavoro quotidiano, magari attraverso un questionario anonimo mensile, dove possiamo votarli in base alle risposte che ci forniscono.
Chi meglio di noi può verificare l'attendibilità delle risposte dateci, informazioni a volte ricevute in maniera frettolosa, scortese e senso di fastidio (i team leder non devono scordarsi che sono stati anche loro operatori telefonici), mentre poi da noi operatori si pretende giustamente che al cliente siano fornite risposte adeguate e in maniera garbata.
Questo mio suggerimento non è espresso perché il team leader debba essere sostituito, per tornare in cuffia, ciò non sarebbe giusto nei loro confronti, anzi, secondo me, servirebbe per aumentare la qualità del loro lavoro che ricadrebbe sicuramente su di noi.
Io stesso cerco di rado l'aiuto del team leader, preferisco quello del back office, perché le mie esperienze non sono state confortanti e in fondo la responsabilità delle risposte che fornisco è solo mia.
E' giusto pretendere che migliori la qualità del loro lavoro, questo può accadere solo se il team leader sa dove sbaglia maggiormente, magari lo fa in maniera inconsapevole, però venendo a conoscenza di questo tramite un nostro giudizio, sicuramente si correggerebbe.
Spero che questi miei suggerimenti vengano, almeno in parte, ascoltati.
Mi scuso di essermi dilungato, ma credo nel mio lavoro e voglio che sia fatto nel miglior modo possibile. Grazie.

lunedì 8 ottobre 2007

Vodafone: mobile, fisso, DSL

Dopo anni di incontrastata leadership sul mercato italiano (di telefonia fissa, mobile e web), Telecom Italia assiste all’arrivo (finalmente!) della concorrenza diretta su tutti i fronti da parte di Vodafone.
Con un’operazione da 775 mln di euro il colosso anglosassone ha acquisito Tele2 Italia e Tele2 Spagna dalla precedente proprietà svedese.
Con l’acquisto dell’operatore di rete fissa e DSL, finalmente Vodafone potrà contare sulla tecnologia e sulle infrastrutture che mancavano per colmare l’handicap che lo divideva dall’ex monopolista. Altro che “operatori virtuali”…
Se le leggi di mercato verranno realmente rispettate, si prospetta ardua la scelta sul fisso (Telecom, Tele2, Infostrada), sul mobile (Tim, Vodafone, Wind, H3G) e su Internet (Telecom, Tele2, Infostrada, Tiscali, etc...).
Estate troppo breve? Autunno troppo caldo?
Sicuramente questa sarà una stagione di (attese) novità e scontri all’ultima “promo”.

giovedì 4 ottobre 2007

Riconciliamoci

Dal giudice solo se non si trova un accordo
L'utente che vuol far valere le proprie ragioni nei confronti di una compagnia telefonica può chiedere l'intervento del Corecom
Almeno un tentativo lo fanno tutti perché, si sa, la speranza è sempre l’ultima a morire. E i più tenaci ci provano anche due o tre volte prima di gettare la spugna. La telefonata al call center della compagnia telefonica è il primo step che generalmente l’utente compie per segnalare un disservizio, nella speranza di risolvere così, con una chiacchierata con l’operatore di turno, l’inghippo dell'opzione non richiesta che risulta comunque attivata o della fatturazione sbagliata o dei ritardi negli allacciamenti. Che, almeno stando alla relazione annuale dell'Autorità garante per le comunicazioni, non sono poi così infrequenti.
MURO DI GOMMA - Ma spesso, al di là della gentilezza e della disponibilità a volte manifestata da chi risponde all’altro capo del filo, la risoluzione effettiva dei problemi non passa attraverso l’assistenza telefonica. (E ne sappiamo qualcosa, se ti devi incazzare anche con tuoi colleghi talvolta per tutelare il cliente!) Un po’ perché gli operatori non sono sempre tutti preparati per far fronte alle richieste dell’utente; un po’ perché i centralini svolgono più funzioni commerciali che non di ufficio reclami. E il risultato è che quasi sempre la richiesta di risolvere via telefono quello che si spera essere stato solo un malinteso si scontra con un vero e proprio muro di gomma e si conclude con un nulla di fatto. «A volte anche le raccomandate di reclamo inviate dai consumatori non trovano risposta – aggiunge l’avvocato Di Ascenzo, vicepresidente del Codacons -. A quel punto la sola possibilità di farsi riconoscere le proprie ragioni è passare all'azione giudiziaria». Che, tuttavia, ha come primo passaggio il tentativo di conciliazione presso i Corecom, organismi appositamente istituiti in ogni regione italiana per dirimere bonariamente le controversie tra utenti e gestori. Sul sito Internet dell’Autorità garante per le comunicazioni è disponibile tutta la modulistica per avviare la procedura. Che in questa fase è a costo zero per il cittadino.
ACCORDI BONARI - Le controversie vengono generalmente risolte in seno al Corecom, anche se una volta chiusa la pratica al cittadino resta comunque l’amaro in bocca per il tempo andato perduto. «Fino a qualche tempo fa i Corecom riuscivano a evadere entro un mese le richieste di intervento ricevute – fa notare ancora Di Ascenzo -, ma ora i ricorsi sono aumentati e di conseguenza i tempi si sono allungati notevolmente». Quando poi un’intesa tra utente e gestore della rete non viene trovata, diventa indispensabile il passaggio alla giustizia ordinaria, con tutto quello che comporta in termini di costi e tempistica. Va detto, a questo proposito, che in molti casi il cittadino preferisce desistere, mettere una pietra sopra sulla richiesta andata male e procedere magari con la disdetta del contratto. Quest’ultima, però, a sua volta rischia in taluni casi di non essere semplice e neppure vantaggiosa da un punto di vista economico, visto che alcuni contratti prevedono clausole di uscita onerose per l’utente che disdice.
LA VIA GIUDIZIARIA - «E’ sempre possibile percorrere la via giudiziaria – evidenzia Di Ascenzo -, ma in questi casi è sempre preferibile cercare di prevenire o di risolvere in maniera soft ogni possibile litigio. Per questo come associazioni di consumatori ci stiamo attivando per stipulare protocolli di intesa con le compagnie per definire procedure celeri per la risoluzione delle controversie in sede extragiudiziale». Non solo: le stesse compagnie, in accordo con le associazioni degli utenti e con la stessa Agcom, si propongono di varare un codice di comportamento per gli operatori di call center che possa evitare sul nascere possibili malintesi. (Ci riusciranno?) Già ora però gli addetti al telemarketing sono obbligati a rispettare alcune procedure, come quella di qualificarsi apertamente e di spiegare senza ambiguità lo scopo della telefonata. E a comunicare all'utente se questa viene registrata.
«ANNO DECISIVO» - «Le nuove norme, l'azione delle associazioni dei consumatori, la vigilanza dell'Agcom - fanno notare al Codacons - dovrebbero dare risultati positivi. Questo sarà l'anno decisivo per la normalizzazione dei rapporti tra consumatori e operatori».
Ma se i risultati ci saranno, lo si vedrà solo con la relazione del Garante del prossimo anno.

fonte corsera 4.9.2007
Questo blog consiglia a chi abita in questa Regione di rivolgersi alla Federconsumatori di Basilicata

Cedimenti vs Cessioni

Proclamato sciopero generale in Vodafone il 5 ottobre

I sindacati Ugl hanno proclamato lo sciopero generale dei lavoratori di Vodafone per il 5 ottobre prossimo. Lo ha dichiarato il Segretario Nazionale dell'Ugl Telecomunicazioni, Gianni Fortunato, affermando che "il tavolo delle trattative si è rotto di fronte alla totale chiusura dell'azienda e che Ugl è decisa a difendere fino in fondo i diritti dei lavoratori di Roma, Napoli, Milano, Padova e Ivrea che dal primo novembre verranno ceduti a Comdata".

E ora che è l'UGL a denunciare "la rottura di fronte alla totale chiusura aziendale", invertendo i ruoli tra CGIL-CISL-UIL e UGL stessa? Dovremmo credere al sindacato solo in quanto la denuncia proviene da un'associazione di lavoratori vicina a certe amicizie politiche?

mercoledì 3 ottobre 2007

Lavoro, lavoro, lavoro... ma quanto lavoro!

Quanti di voi ricordano certe “bonarie richieste” – pur rimanendone volontaria l’adesione – di rinunciare al giorno di riposo settimanale, ovvero di posticiparlo, motivate dall’esigenza di far fronte ad improvvisi aumenti delle chiamate da gestire?
E quanti di voi si sono visti rispondere “picche” nel momento in cui, avendone successivamente bisogno, hanno provato a “riscattare il favore reso”?
Ebbene, la soluzione arriva dalla Cassazione.
Con sentenza del 6 settembre 2007, n. 18708 la Cassazione Civile, sezione I, ha stabilito che il lavoro prestato oltre il sesto giorno consecutivo deve essere retribuito in misura maggiore rispetto a quello ordinario anche se non esiste una specifica disposizione del CCNL. La motivazione risiede nel disposto dell'art. 36 della Costituzione.
Visto che si vuole essere formali ad ogni costo, d'ora in poi "favori" non se ne faranno più.

martedì 2 ottobre 2007

Libera (per) la Basilicata

Testimonianze preziose

Siamo stati invitati per questa iniziativa. Chi se la sente di presenziare a questo importante momento di verifica, ci dia un cenno in email.

Sembrano venire da un altro mondo le storie raccontate sul sito http://www.fugadalcallcenter.com/ (inserito tra i link consigliati), che sta raccogliendo materiale per la sceneggiatura dell'omonimo film, diretto dal giovane regista Federico Rizzo. (..) Qualsiasi necessità va concordata con i supervisor che "non contano niente, prendono 200 euro in più dei normali telefonisti ma si sentono capi dell'azienda, mentre sono solo servi dei servi", racconta Giulio. Le paghe, a sentire i ragazzi del sito, vanno dai 2 ai 7 euro l'ora, e "buoni pasto, ferie, malattia, gratifiche, sono chiaramente una chimera". E tanti ammettono di aver pensato di essere allo stesso livello dei raccoglitori di pomodori nel meridione. "Noi siamo la prima generazione in cui i figli stanno peggio dei genitori, si sfoga Marco Maraviglia, da Napoli.

fonte Romaone, 22.8.2007

Sanatoria flop

Quanto precisiamo o facciamo intendere da tempo ritroviamo ora in una analisi del supplemento economico "Libero Mercato".

I piani del Governo per stabilizzare i lavoratori dei call center? Un buco nell'acqua. A fare l'analisi sulla cosiddetta "sanatoria flop" è Libero Mercato (diretto da Oscar Giannino), che avverte: il rischio, per tanti co. co. pro. che lavorano come centralinisti, è quello di non poter mai ottenere un vero contratto. A settembre infatti sono previsti nuovi bandi di gara per l'assegnazione dei call center di grandi città come Roma (dal 2002 il centralino ha risposto a quasi 11 milioni di chimate) e Milano, oltre che dell'Inps, dell'Inail e dell'Agenzia delle Entrate.
E, se queste seguono il trend di alcune municipalizzate del Lazio e della Sicilia o di Eni ed Enel, che gli scorsi hanno assegnato gare da 8 euro l'ora (pari circa a 0,34 euro a chiamata), la prospettiva per i centralinisti non si preannuncia certo rosea. A fronte del contratto nazionale telecomunicazioni, che prevede un compenso di 13 euro l'ora per lavoratore, le commesse assegnate negli ultimi mesi sono tutte caratterizzate dal ribasso. Quello dei pagamenti inferiori alla soglia non è però il solo problema che attanaglia il settore, come fa notare ancora il quotidiano economico. Su circa 50 mila lavoratori (il 68% dei quali donne), 32 mila sono infatti co.co.pro. e a poco è servito l'intervento del Governo per tentare di favorirne la stabilizzazione, nonostante i 300 milioni di euro previsti dalla Finanziaria. Solo 18 mila sono stati infatti regolarizzati, un numero che- sottolinea Libero- non è piaciuto ai sindacati. I quali lamentano anche l'assenza di controlli da parte di ispettori, che avrebbero dovuto controllare l'esito della sanatoria. Il rischio è che anche le prossime gare vengano improtate al ribasso, penalizzando di fatto le imprese che hanno regolarizzato i contratti e favorendo, di contro, chi precarizza il lavoro.

Primo bilancio, prime delusioni

Roma, 26 set.

''Entro aprile 2008, saranno stabilizzati nei call center oltre 22 mila lavoratori di circa 300 aziende italiane''. Lo annuncia a LABITALIA, Umberto Costamagna, presidente di Assocontact (Associazione nazionale dei contact center in outsourcing aderente a Confindustria).
''A seguito della circolare 17/2006 del ministro Damiano, dell'avviso comune e delle norme in Finanziaria che agevolavano la stabilizzazione dei collaboratori si e' avviato un processo che, con gli accordi tra le parti sociali, ha dato vita a un cammino di qualita' in un settore difficile e dove, nel passato, a volte si e' esagerato con l'organizzazione del lavoro troppo elastica.
Adesso -spiega Costamagna- le aziende serie, come quelle a noi associate, cercano di porre rimedio a questi problemi''.
Costamagna esclude che le recenti novita' normative possano incoraggiare una fuga verso l'estero. ''Se partiamo dalla premessa che il lavoro nei call center ha bisogno di qualita' perche' i lavoratori di questo segmento gestiscono il patrimonio piu' importante di un'azienda (ossia i clienti finali), si capisce immediatamente che la scelta di delocalizzare non e' il massimo. Le imprese italiane non stanno prendendo questa strada. La soluzione e', invece, mettersi attorno a un tavolo con i sindacati e trovare risposte compatibili con le esigenze del mercato''.
La replica dei sindacati non tarda ad arrivare: ''sono ancora poche le 22 mila stabilizzazioni in arrivo nei call center entro aprile 2008''. Anna Maria Furlan, segretaria confederale della Cisl, spiega a LABITALIA che ''bene ha fatto il ministero a emanare una nota con cui chiarisce alcuni punti sulle regolarizzazioni in atto''.
''Su 650 aziende interessate alla regolarizzazione dei precari nel call center -aggiunge- solo 100 hanno chiuso accordi sindacali come indicato dall'avviso comune. E, su una platea di circa 900 mila lavoratori presenti nei call center, il 70% e' da regolarizzare''.
''Durante la fase degli accordi -ricorda Furlan- anche gli ispettori del lavoro hanno svolto attivita' 'educativa' spiegando alle aziende cosa e come dovevano fare per adeguarsi alla norma. Ora, invece, sono iniziate le ispezioni vere e proprie e speriamo che questo serva a spronare le imprese a regolarizzarsi attraverso gli accordi con le parti sociali.
Ma per ora -avverte- le inadempienze ci sono e sono eclatanti''. Tuttavia, dice Furlan, ''non ci sono pericoli che le aziende possano trasferire le attivita' all'estero''. ''La sfida vera, per i call center come per tutti, e' quella della qualita' e questa non puo' essere a scapito dei diritti dei lavoratori''.

Fonte: Adnkronos