Videochiamami, ti
prego!
di Marco Cobianchi
17/2/2006
Fonte: http://www.panorama.it/economia/imprese/articolo/ix1-A020001034750
di Marco Cobianchi
17/2/2006
Fonte: http://www.panorama.it/economia/imprese/articolo/ix1-A020001034750
Pur di averlo hanno investito miliardi di euro. Ma per gli operatori il telefonino di terza generazione è un problema: i clienti sono inferiori alle attese e spendono meno del previsto. Mentre all'orizzonte avanza un nemico. Virtuale.
Definirlo flop è forse eccessivo. Però quando i capi delle società di telefonia mobile accettano di parlare fuori dai denti non esitano a dirsi «molto preoccupati» della redditività della telefonia di terza generazione umts. Quella per la quale quattro anni fa spesero circa 3,5 miliardi di euro ciascuno solo per la licenza. «Se quell'asta si rifacesse oggi il prezzo delle licenze sarebbe inferiore di molto, molto, molto...» afferma Pietro Guindani, amministratore delegato della Vodafone Italia. La realtà ha dimostrato che le previsioni formulate nell'era della bolla internet da parte di blasonate banche d'affari, centri di ricerca, organizzazioni internazionali erano quantomeno ottimistiche.
Una prova? Gli uffici studi Ovum, Yankee Group, Gartner erano più o meno concordi nello stimare che i clienti di terza generazione dovessero essere 15 milioni a fine 2005, invece a settembre erano meno di 10. Per il Wireless world forum la spesa media mensile di ogni utente (Arpu) sarebbe stata di 50 euro quest'anno, invece nel migliore dei casi si è fermi a poco più di 30. Se non è un flop, ci assomiglia molto.
Insomma, l'umts, la tecnologia di telefonia mobile che permette di videochiamare, navigare velocemente in internet, vedere gol e filmati, da terra promessa delle aziende si è trasformato in una seria preoccupazione per Tim e Vodafone le quali, seguendo l'esempio della 3, sono state costrette a rompere il tabù del sussidio massiccio al prezzo dei cellulari umts per convincere i clienti ad abbandonare i vecchi gsm.
Il risultato, però, non è esaltante: a fine anno gli utenti della Tim sono stimati in circa 2 milioni, 2,2 quelli della Vodafone, tra i quali sono però conteggiati anche un numero imprecisato di «connect card» per il pc. L'unica società a poter dire di avere avuto successo è la 3, che è partita prima dei concorrenti e ha investito tutto solo sulla tecnologia Umts non avendo la licenza gsm: a fine 2005 aveva 5,6 milioni di clienti e una spesa media più alta dei concorrenti. Per questo l'amministratore delegato Vincenzo Novari è l'unico a poter dire che «l'umts va» anche perché «la percentuale di ricavi proveniente dai servizi non voce è il doppio della media del mercato».
Massimo Castelli, numero uno: "un cliente umts spende il 20 per cento più di un gsm, meno di quanto ci si aspettava"
Grazie a questi numeri la società guidata da Novari punta alla quotazione in borsa. Non senza difficoltà. L'andamento dei titoli del settore telecomunicazioni è pessimo; Vodafone, France Télécom e la giapponese Docomo hanno dichiarato un calo degli utili dovuto proprio all'impegno che l'umts richiede in termini di investimenti. Per questo gli investitori si stanno ponendo qualche interrogativo sul business del videofonino. Così come la Consob, che ha chiesto integrazioni al prospetto informativo della 3 in modo da mettere il mercato in grado di stabilire con precisione il valore della società. Valore che non sarà di 12-14 miliardi, come ipotizzato tre mesi fa, ma, probabilmente, di 9-11: valutazione che rappresenta 3,4 volte le vendite attese per il 2006 rispetto a una media europea di 2,1.
Problema decisivo per gli operatori: i clienti spendono meno del previsto in servizi multimediali (come i video) e, soprattutto, la spesa tende a scendere anche in seguito alla decisione dell'Autorità, che ha drasticamente ridotto il costo di terminazione delle chiamate fisso-mobile facendo risparmiare gli abbonati ma provocando problemi ai bilanci delle società. Solo i clienti della 3 sembrano voler aumentare la loro spesa: nel terzo trimestre 2005 hanno pagato in media 30,7 euro al mese, dato in crescita ma che non è confrontabile con uno analogo della Tim e della Vodafone, che rendono noto solo quello della spesa media complessiva (clienti gsm e umts insieme).
Vincenzo Novari della 3, specializzata in telefonia di terza generazione
I ricavi medi dei 27,3 milioni di clienti Tim sono passati da 29,1 euro del secondo trimestre 2005 a 28,9 del terzo; quelli dei 23,7 milioni di utenti Vodafone sono scesi da 30,1 euro del primo semestre a 27,7 del trimestre chiuso al 31 dicembre; quelli degli oltre 12 milioni i utenti Wind da 20,1 a 19,1 di fine anno. Ma bisogna considerare che la società appena presa in mano da Paolo Dal Pino non offre ancora i servizi di terza generazione. «E, visto come vanno le cose agli altri, non ne sono troppo dispiaciuto» commenta l'ex manager della Telecom Italia «anche perché l'umts rischia di diventare un problema di tutto il settore per via della velocità con la quale brucia risorse e ritarda il ritorno degli investimenti».
«Ma la rivoluzione» ribatte Novari «è appena cominciata: a 24 mesi dal lancio è troppo presto per emettere sentenze». E Massimo Castelli, capo della Tim, dice che «un cliente umts spende circa il 20 per cento più di uno che ha gsm, ma meno di quanto ci si aspettava. Tuttavia, non siamo delusi visto che non ci siamo mai illusi». «Il problema» aggiunge Guindani della Vodafone «non è tanto il numero di clienti quanto il numero di volte che ognuno di loro accede ai servizi evoluti. E questo è ancora un grande punto interrogativo, una grande sfida». Ma anche su questo Novari è ottimista: «I nostri clienti fanno in un mese lo stesso volume di download di contenuti che tutti i clienti umts della Vodafone fanno nel mondo in sei mesi».
Per la Tim e la Vodafone pare essere proprio questo il problema da risolvere: convincere i loro clienti non solo a cambiare cellulare ma anche a sfruttare le potenzialità di quello nuovo, che non serve solo per chiamare e mandare sms. Per raggiungere questo obiettivo finora hanno speso centinaia di milioni di euro, che vanno a sommarsi ai costi per la licenza (3,5 miliardi di euro) e per la rete (stimati in almeno 5 miliardi). Ancora non sembra essere stato sufficiente. «I contenuti si pagano molto e spesso sono un costo fisso» sottolinea Guindani «perché dobbiamo comprarli, inserirli sul nostro portale mobile in attesa che la domanda cresca».
La 3, che sui contenuti ha puntato tutto, ha colto i risultati migliori e ha deciso di proseguire su questa strada firmando un contratto (finito però in tribunale) con la Eagle Pictures per distribuire film di prima visione e comprando un'emittente televisiva (costo: 200 milioni) per trasmettere contenuti televisivi sui cellulari sfruttando la nuova tecnologia dvb-h. «Ora stiamo già pensando ad aumentare la capacità trasmissiva dei nostri cellulari» anticipa Novari «con una tecnologia che chiameremo adsm, capace di una velocità minima di trasmissione dati di 1,5 Megabyte».
La borsa, basandosi sulla crescita del numero dei clienti e sul ricavo medio per abbonato, dirà se questa è la strada giusta. Un verdetto importante, non solo per il futuro della prima società umts italiana, ma per tutto il settore del telefono mobile. Settore che deve già cominciare a preoccuparsi per un'altra scadenza: tra due anni sarà possibile anche in Italia offrire servizi di telefonia mobile senza possedere una rete propria. E gli operatori attuali, che saranno costretti ad affittare quella che si sono costruiti, si troveranno a fare i conti con nuovi concorrenti, ancora più aggressivi. Questo nel 2008, proprio quando, secondo alcuni specialisti, gli abbonati umts cominceranno a diventare un guadagno per gli operatori. E non più solo un costo.