giovedì 24 agosto 2006

Panorama

Call center, adesso si cambia

Il gruppo italiano leader del settore costretto dall'Ispettorato del Lavoro ad assumere 3200 ex co.co.co. Il ministro del Lavoro Damiano accelera: bisogna regolarizzare. "In questo modo si mina l'intero settore, mettendo a rischio almeno 80mila posti di lavoro": è l'immediata la risposta delle imprese

"Siamo contenti perchè il responso degli ispettori del lavoro è frutto dell'esposto che il collettivo di Atesia ha presentato lo scorso anno".
Ad esultare sono i lavoratori del gruppo Atesia dopo la richiesta dell'Ispettorato del Lavoro alla società, maggiore gestore di call center in Italia, di assumere tutti i lavoratori a progetto, ossia 3.200 persone.

Per il variegato arcipelago dei call center italiani la decisione dell'Ispettorato rappresenta una vera rivoluzione.
In pratica gli ispettori hanno riconosciuto agli operatori di Atesia, attuali e passati, lo status di lavoratori subordinati, pur essendo contrattualizzati come "cocoprò".
Per questo al call center è stato anche richiesto di versare i contributi arretrati degli 8-10 mila lavoratori transitati sulle sue postazioni dal 2001 a oggi.
Una richiesta, quella dell'Ispettorato, che se venisse estesa a tutta Italia, per Umberto Costamagna, presidente di Assocontact - associazione delle società di call center - rischierebbe di "mettere in ginocchio le aziende, obbligandole a fare a meno di 50-60 mila collaboratori e mettendo a rischio al rischio altri 20-30 mila addetti assunti a tempo indeterminato".
Per l'Assocontact, la posizione dell'Ispettorato sarebbe inoltre in conflitto con una recente circolare del ministro del Lavoro Damiano. "Una circolare che aveva messo in piedi - dice Costamagna - un confronto fra il ministero, le aziende e i sindacati.

Insomma, l'ispettorato interrompe e rischia di bloccare un cammino di concertazione avviato. E credo che lo stesso Damiano ora sia in imbarazzo". Un confronto, quello tra le parti sociali, che invece deve essere ripreso al più presto anche per Atesia. "I sindacati non possono non essere sensibili al problema del mantenimento dei livelli occupazionali", ha spiegato ieri l'azienda.

Il gruppo Cos, di cui Atesia fa parte, è uno dei principali call center d'Italia, con circa 15mila dipendenti e un fatturato di 250 milioni di euro. Direttamente o indirettamente gestisce i call center dei principali gruppi aziendali italiani da Tim e Telecom a Wind, Alitalia, Sky.
Il nostro è un settore che impiega 250 mila operatori, di cui circa 1/3, cioè 80 mila, in outsourcing.
È un comparto con un fatturato stimabile in 600 milioni di euro, che negli ultimi anni è cresciuto, ha creato occupazione, soprattutto nel Mezzogiorno e fra le donne. Ma vive di commesse, magari di pochi giorni, settimane o mesi. A volte con contratti di 1 anno. Abbiamo bisogno di sana flessibilità".

Intanto il ministro del lavoro Damiano ha spiegato che "il ministero agirà sulle indicazioni contenute nella circolare emessa il 14 giugno.
Dal 15 settembre partiranno le ispezioni di accompagnamento - ha annunciato - per spiegare alle imprese quali sono i nostri intendimenti. Tutto ciò che è lavoro subordinato va classificato in questo modo: quindi tutto quello che è lavoro a progetto e ricade nella normativa del lavoro subordinato dovrà essere trasformato".
Il ministero stesso ha assunto i 15 lavoratori del suo call center con contratto a tempo indeterminato.

E l'ingiunzione di assumere tutti i dipendenti "cocoprò" rivolta dall'Ispettorato del lavoro all'azienda Atesia divide i sindacati.
Il ministro del Lavoro parla al Meeting di Rimini, nel corso di una tavola rotonda alla quale partecipa anche il segretario generale della Cisl Bonanni.
E proprio il leader della Cisl esprime i primi dubbi sull'operato degli ispettori: "Non tocca a loro decidere sui call center - dice. Fino a due anni fa i lavoratori del call center erano in larga parte "cococo". Abbiamo fatto un accordo difficile, e oggi la grande maggioranza dei lavoratori del settore è in regime di lavoro dipendente".
A questo punto, ha proseguito se serve un altro accordo con le imprese "siamo pronti a farlo, ma non devono essere gli ispettori a decidere".
Se Bonanni non nasconde le sua contrarietà all'azione dell'Ispettorato, di ben altro tono sono le reazioni che arrivano dagli altri sindacati.
"Da tempo la Fiom sostiene che un rapporto di lavoro autonomo, anziché di lavoro subordinato, per i lavoratori dei call center costituisce una vera e propria truffa ai danni degli stessi lavoratori e delle Stato", afferma Giorgio Cremaschi.
Per il segretario nazionale della Fiom-Cgil, "si comincia finalmente a fare chiarezza. E' necessario che il governo assuma ed estenda queste interpretazioni degli ispettori in tutto il settore dei call center, ove non esiste lavoro autonomo".

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