mercoledì 5 luglio 2006

Il problema dei call center è la committenza

Il Ministro Cesare Damiano, dopo aver emanato la circolare che impedisce l'utilizzo dei contratti a progetto per i call center in inbound (cioè quelli che ricevono le chiamate dei clienti, tipo di servizi di informazione e assistenza), intende agire innanzitutto sulla committenza (su chi affida ai call center il lavoro in outsourcing), a partire dalla pubblica amministrazione, che è spesso la prima a trascurare il problema della precarietà nei call center, ricercando la riduzione dei costi prima di tutto.
Lo stesso Damiano ammette che anche il call center del ministero del Lavoro, appaltato alle Poste che lo hanno subappaltato a un'altra impresa, utilizza impropriamente personale a progetto; lo stesso fanno i call center di Inps e Inail, enti pubblici affidati alla sua vigilanza. Per non parlare dei moltissimi call center che lavorano per Regioni, Provincie, Comuni e Asl, gestiti da imprese che vincono le gare d'appalto con offerte bassissime che, inevitabilmente, significano retribuzioni ridicole, assunzioni a progetto se non in nero. I tagli alla spesa pubblica che significano ricerca spasmodica del contenimento dei costi si traducono in precarietà.
I primi a opporsi a questo status quo sono gli stessi maggiori imprenditori del settore: per esempio Alberto Tripi di Almaviva (Cos-Atesia) ha scritto ai sindacati una lettera aperta, invitandoli a lottare insieme perché gli enti pubblici non facciano gare d'appalto basate solo sul ribasso dei costi; l'amministratore delegato di Comdata si è dichiarato indignato perché nel capitolato delle gare d'appalto spesso non è inserita una clausola che preveda l'obbligo di servirsi di operatori di call center assunti regolarmente.
Il Ministro del Lavoro sembra orientato a inserire nei bandi delle gare d'appalto degli enti pubblici (del settore dei call center ma non solo), accanto alla clausola del massimo ribasso, il rispetto dei minimi contrattuali per i lavoratori utilizzati; allo stesso tempo intende agire contro la precarietà in questo settore, più che con una riforma della legge 30, con l'innalzamento dei contributi per il lavoro a termine e l'applicazione imminente della riduzione del cosidetto "cuneo fiscale" solo a favore dei contratti di lavoro a tempo indeterminato.
Sarebbe invece una cosa innovativa se i sindacati chiedessero ai maggiori gestori telefonici una certificazione di "qualità sociale" per le imprese di Tlc e bancarie e assicurative, che preveda il rispetto delle regole contrattuali e salariali nella gestione dei call center anche in outsourcing e standard minimi di soddisfazione del cliente, in questo caso con il rilascio di un particolare "bollino", invitando a non acquistare e sottoscrivere prodotti e servizi di imprese che fossero sprovviste del bollino.
 
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 04-07-2006]

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